“Ho spiegato al Papa che non si può dialogare con chi vuole imporre la sharia” – Vatican Insider

“Il nostro piccolo Paese è diventato grande dopo la sua visita”, dice il presidente del Benin dopo l’incontro con Benedetto XVI

Alessandro Speciale

Dialogo “politico” con tutti, ma non con chi vuole imporre la legge islamica e che non può essere chiamato con altro nome che “terrorista”: una linea che il presidente del Benin e dell’Unione Africa, Thomas Boni Yayi, ha spiegato ieri mattina a papa Benedetto XVI durante il loro colloquio di venti minuti in Vaticano, e che ha ripetuto nel tardo pomeriggio durante un incontro con i giornalisti alla Pontificia Università Laterarnense.
A un anno dalla visita di papa Benedetto XVI in Benin, per consegnare l’esortazione apostolica post-sinodale Africae Munus, l’impressione nel Paese africano è ancora forte. “Il Benin è un piccolo Paese che è diventato più grande grazie alla visita del papa”, ha detto Boni Yayi raccontando della visita: “Sono venuto a ringraziarlo e a dirgli la gratitudine del popolo del Benin, e di tutto il Continente africano. Siamo stati onorati del suo passaggio perché ci ha lasciato un messaggio forte”.
Soprattutto, a lasciare il segno è stata la volontà del pontefice di “associare al nostro Continente la parola ‘speranza’”, contro al “pessimismo” che normalmente accompagna ogni storia sull’Africa. Ma durante il loro colloquio, ha spiegato ancora il leader beninese, papa Ratzinger ha voluto anche mettere l’accento sulla necessità di ripensare al modo in cui il Continente è africano è amministrato. “Penso che abbia assolutamente ragione – ha commentato Boni Yayi –. Tutti devono fare un passo in quella direzione, mettendo da parte proprio interesse e continente cambierà”.

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