I cristiani: cartina tornasole del nuovo mondo arabo

«In Medio Oriente non si può parlare di laicità, semmai di piena cittadinanza». E’ questa la vera sfida per padre Pierbattista Pizzaballa, tra i relatori del seminario «I cristiani nel mondo arabo, un anno dopo la primavera araba» promosso il 9 maggio a Bruxelles dalla Comece (Commissione delle Conferenze episcopali europee). Nel suo intervento il Custode di Terra Santa ha sottolineato come in Israele e nei Paesi arabi la religione non sia un’esperienza individuale, ma il tratto distintivo di ogni gruppo che in quanto tale ha propri usi e costumi, tradizioni e stili di vita. Non si deve dunque aspirare ad un Medio Oriente laico ma «dialogare perché sia riconosciuta la piena cittadinanza a tutti i cittadini, di qualsiasi credo». Prima dell’incontro, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha intervistato il francescano raccogliendo il suo invito a non pretendere un cambiamento immediato. «La primavera araba ha scatenato due reazioni opposte – ha detto padre Pizzaballa – un grande entusiasmo e una forte preoccupazione». Tuttavia negli ultimi quarant’anni i Paesi arabi hanno conosciuto esclusivamente la stabilità e l’immobilismo dei regimi, e riemergere dallo «status quo» richiede un processo lungo e graduale. «Non possiamo aspettarci che, dopo decenni di governi non democratici, il Medio Oriente viva una trasformazione talmente positiva da generare dinamiche sociali serene. Dobbiamo compiere tutti i passi necessari». Un banco di prova è rappresentato oggi dalle nuove Costituzioni che devono essere riscritte e al tempo stesso riflettere l’identità dei partiti: «un ulteriore innesco di tensioni e malintesi».

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