“I gay vanno curati”: prosegue l’omofascismo di “Repubblica” | UCCR

gay curati
di Marco Margrita*
*da Articolotre”

 

Ci troviamo di fronte a un nuovo maccartismo, che dovrebbe preoccupare tutti quanti hanno a cuore la libertà d’espressione. Presunti “illuministi” fanno strame del volterriano “non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”. Il “giornalista collettivo” si mobilita a comando (la viltà del conformismo non è merce rara nella nostra categoria), senza peritarsi di verificare i fatti. D’altronde, quando conta solo riproporre il pregiudizio, basta “il copia e incolla”.

In piena Guerra Fredda, gli Stati Uniti furono interessati da un esteso fenomeno di “caccia alle streghe” determinato da un anticomunismo che in molti non esitano oggi a definire paranoico ed esageratamente repressivo. Il periodo – a cavallo tra gli anni Quaranta e i Cinquanta – fu chiamato maccartismo, dal nome di Joseph McCarthy, senatore repubblicano del Wisconsin dall’ostinata acredine verso falce e martello. Si estendeva la categoria di comunista per applicarla a tutto quanto poteva minare la visione mainstream. Lo “psicoreato”(si usa intenzionalmente il termine orwelliano) cui si dedicano i nuovi maccartisti è l’omofobia. Ogni posizione che non si accorda alla retorica dei “nuovi diritti” viene cosi bollata, per impedirne la dicibilità pubblica.

Il giornalismo non dovrebbe mai scadere in propaganda, avendo il compito di “stare ai fatti”. Come scriveva il filosofo e scrittore ebreo russo Julij Borissovič Margolin: “non si propagandano i fatti, i fatti si portano a conoscenza”. Come dire che per fare propaganda bisogna disfarsi dei fatti. Questa rubrica ha già invitato a riflettere su questa questione intervenendo sulle violenze (con precisi mandanti nei salotti e nelle redazioni) ai danni delle “Sentinelle in piedi” e sulla vergognosa criminalizzazione dell’insegnante del “Pininfarina” (ovviamente poi “scagionata” da ogni accusa di “omofobia”).

Tra gli agenti del maccartismo, che fa molti danni agli omosessuali che dice di voler difendere dagli “omofobi”, eccelle “Repubblica” (edizioni locali comprese). L’ultimo caso. L’edizione milanese del giornale-partito stravolge il senso di un convegno per imbastire una campagna contro l’evento. Propaganda e non giornalismo. Il convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità”, promosso da Alleanza Cattolica e Obiettivo Chaire (che ha la “colpa” di riflettere sulle “terapie riparative”, qui il comunicato stampa), cui porterà il saluto il governatore Roberto Maroni, viene presentato con il titolo: “I gay vanno curati” (l’autore è Matteo Pucciarelli, blogger comunista di “Micromega”, ndr), anche Maroni partecipa al convegno omofobo. Strana idea dell’obiettività e del “portare a conoscenza i fatti”.

I fatti, infatti, sono assai diversi. Il 17 gennaio, in occasione della Giornata della famiglia, presso il Pirellone – con il patrocinio della Regione, coordinati dal direttore di “Tempi” Luigi Amicone – Mario Adinolfi, Costanza Miriano, padre Maurizio Botta e Marco Scicchitano riproporranno il noto format “contro i falsi miti di progresso” che hanno già replicato quattro volte a Roma. Faccenda per diversa da quanto sostiene “La Repubblica”.

«L’articolo è scrittodenuncia Mario Adinolfi – senza chiedere a noi alcun parere, in compenso vengono fatte sbandierare subito le mobilitazioni di Arcigay, Sel, lista Tsipras e giovani del Pd che ci accusano di “deriva oscurantista” e “spirito medievale”. Ovviamente – continua l’ex-deputato Pd – viene annunciato un picchetto di stampo fascista per impedirci di tenere il convegno e sui social network si possono leggere i propositi di blogger in cerca di visibilità come Matteo Bordone che propone “fischi e letture di autori gay, come sentinelle di merda” da sovrapporre alle nostra parole fino ai più banali “sputi su Adinolfi e la Miriano” e agli insulti pesanti di varia natura del “popolo del web”».

Si può ancora definire giornalismo questo imbastire campagne di stampa (e di odio), con due settimane di anticipo, contro un convegno che ha la sola colpa di non andare nel senso gradito al “gaio nichilismo” che in questa stagione di relativismo “porta” così bene?

 

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