Il Corrierone e la rana cattolica

di Mario Palmaro

Ci sono articoli che rivelano un mondo. Il pezzo scritto da Pierluigi Battista sul Corriere della Sera del 18 gennaio dovrebbe essere letto e meditato nei sacri palazzi, nelle curie, nelle parrocchie e nelle case dei cattolici. Perché in quell’articolo il mite Battista ha riassunto in modo esemplare la ricetta con la quale il mondo sta cucinando a fuoco lento i cattolici.

Un piccolo capolavoro, lucidissimo, che descrive la nostra fine. Una fine del tutto simile all’apologo della rana e dell’acqua bollente: se tu getti il proverbiale rospo in una pentola caldissima, lui salta subito fuori; ma se ce lo metti e poi accendi il fuoco lento, la poveretta si farà bollire senza battere ciglio.

I nemici della Chiesa – a proposito: nel mondo esistono nemici della Chiesa, ricordiamocelo – i nemici della Chiesa hanno capito che fucilazioni, ghigliottine, corda e sapone, torture, genocidi, lager, gulag, massacri di monache e di frati, dopo i primi innegabili vantaggi, producono però martiri e rinvigoriscono quella fede tanto odiata. Allora bisogna cambiare sistema: bisogna bollire le rane cattoliche a fuoco lento. Bisogna affidare il compito a istituzioni democratiche e liberali, a organismi che lavorano per la pace e per l’unità europea, a leader tecnico-politici che la domenica vanno a Messa, che ripetono ogni cinque minuti “valori, valori!” e che quindi sono di sicuro delle “brave persone” e non conoscono nemmeno vagamente dove stia di casa la massoneria.

Insomma: la rana cattolica non si accorge che la temperatura nella pentola piano piano sale, e così alla fine si ritrova bollita senza fare un plisset. Ma dicevamo dell’articolo di Pierluigi Battista, vero capolavoro di questa strategia.

Battista in sostanza dice: i principi non negoziabili sono una colossale scocciatura, perché ostacolano la modernizzazione e l’europeizzazione della vecchia Italia cattolica e papista. I poteri forti e paramassonici vogliono fare del Bel Paese una landa glaciale e disumana del tutto simile alle efficienti e pulitissime nazioni luterane dell’Europa del Nord, dove i treni sono in orario, gli ospedali funzionano, tutti pagano le tasse, il venerdì sera ci si ubriaca ma a turno – così uno guida sobrio l’auto per tornare a casa – e i suicidi aumentano a vista d’occhio nella disperazione di una vita senza senso soprannaturale.

Scrive infatti il Battista: “La politica, anche su temi così delicati, dovrebbe saper negoziare e trovare utili compromessi. Se invece si perpetua la logica dei «valori non negoziabili» e dell’oltranzismo ideologico non si arriva a nulla. O si continua all’infinito nel vaniloquio”. Dunque, chi parla di questi principi – ad esempio Bendetto XVI – alimenta il vaniloquio.

La soluzione? Due mosse. La prima: “spacchettiamo” i temi non negoziabili – propone il saggio e moderato Battista – nel senso di separare alcuni temi “davvero non negoziabili da altri in cui il compromesso è possibile e accettabile”. La seconda: “Parlamentarizzare il dibattito intorno ai temi eticamente sensibili”. Nella pentola della nostra rana cattolica, la temperatura comincia lentamente a salire.

E come si deve fare questo spacchettamento? Qui il ragionamento di Battista si fa perfidamente sottile: l’editorialista del Corriere della Sera distingue infatti “ciò che riguarda la vita” – come ad esempio aborto e fecondazione artificiale – dalla questione caldissima dei matrimoni gay. Sul primo gruppo di questioni Battista scrive – bontà sua – che i cattolici “hanno tutto il diritto non solo di votare a favore di leggi che considerano contrarie alla loro coscienza, ma anche di ingaggiare una battaglia culturale e politica per impedire politiche che a loro giudizio violano la sacralità della vita”.

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