Il gesuita Samir: “In Egitto torna la Primavera”

«Questo movimento è la vera Primavera araba. In piazza non sono scesi solo i giovani, ma tutta la popolazione. Non è una semplice reazione a un presidente, come Mubarak, che aveva governato per 30 anni in modo autoritario. Per la prima volta c’è una presa di coscienza collettiva del fatto che tutti possono fare qualcosa per cambiare il Paese». Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, islamologo, attento osservatore delle dinamiche politiche del suo Paese, guarda con ottimismo alle manifestazioni che in questi giorni hanno portato alla destituzione del presidente Mohammed Morsi.
«Le persone scese in piazza – continua il religioso – hanno detto ai Fratelli musulmani: ci avete promesso molte cose, ma non avete fatto nulla. Avete solo approvato una Costituzione che non è migliore di quella del passato e che cerca di islamizzare l’Egitto. Quella di questi giorni è stata una reazione innanzi tutto contro l’inefficienza del governo. Non è un caso che l’abbiano chiamata la “rivoluzione del pane”».

Non legge in modo negativo l’intervento delle forze armate?
Le forze armate cercano in primo luogo di garantire la sicurezza perché la polizia non è abbastanza addestrata. Le forze armate in Egitto poi sono molto potenti in campo economico. Dai tempi di Nasser controllano interi settori produttivi non solo in campo militare, ma anche civile. A ciò si aggiunge il fatto che ogni anno i generali ricevono dagli Usa più di un miliardo e mezzo di dollari di aiuti. Quindi le forze armate sono uno Stato nello Stato che ha una grande forza, l’unica in grado di affrontare la Fratellanza.

Questo intervento non lede i principi democratici?
Per un anno il presidente Morsi ha continuato a dire che era legittimato dall’essere stato eletto democraticamente. Anche ammesso che non ci siano state irregolarità nelle elezioni dello scorso anno, ha vinto con un margine risicato. Questo non gli dava il diritto di occupare tutte le istituzioni e utilizzarle per islamizzare il Paese. La legittimità viene dal popolo e se 22 milioni di persone hanno firmato una petizione per chiedere le tue dimissioni significa che stimano che tu non sia più in grado di governare.

L’islam politico è morto?
No, la Fratellanza gode del sostegno di circa il 20% della popolazione. È un sostegno che si è guadagnata negli anni. L’Egitto è un Paese povero, ma i Fratelli musulmani non hanno problemi di bilancio considerti i copiosi finanziamenti che arrivano dall’Arabia Saudita. Con questi soldi formano schiere di predicatori che predicano in molte moschee. Ma non è solo una questione di fede. La Fratellanza offre alle fasce più povere una serie di servizi sociali che lo Stato non è in grado di fornire. Negli ultimi anni sono stati in grado di fare proseliti anche tra le fasce più colte. Oggi controllano la maggior parte delle associazioni delle libere professioni. Molti intellettuali che un tempo erano di sinistra oggi sono passati nelle formazioni islamiche. Lo slogan della Fratellanza è: «L’islam è la soluzione». Un motto semplice, ma efficace sia tra le fasce più povere sia tra quelle più ricche.

Come giudica la presenza del Papa copto ortodosso Tawadros nel gruppo di personalità che sostenevano l’intervento dei militari?
La sua presenza era un modo per ribadire che i cristiani sono cittadini a pieno titolo dell’Egitto. Tawadros era lì per dire che i cristiani non lottano contro i musulmani ma, come cittadini, lavorano per migliorare il Paese. E ciò implica anche la contestazione nei confronti di un governo che non ha mantenuto le sue promesse.

In questo senso Tawadros ha uno stile diverso rispetto al suo predecessore Shenouda?
Sì e lo si è visto già qualche mese fa. Quando ad aprile alcuni copti sono stati uccisi e la Cattedrale è stata attaccata senza che la polizia intervenisse, Tawadros, per la prima volta, è intervenuto chiedendo conto al Presidente del fatto che le forze dell’ordine non fossero intervenute. Il suo è stato un discorso breve, ma di una forza senza pari. Anche nei confronti dei cattolici ha cambiato atteggiamento rispetto al suo predecessore. Ha incontrato papa Francesco non appena è stato eletto Pontefice e ha partecipato, per la prima volta da secoli, alla cerimonia di investitura del Patriarca copto cattolico Ibrahim. Papa Shenouda, anche quando faceva gesti di distensione verso i cattolici, non mancava mai di dire che la Chiesa cattolica «rubava i figli della Chiesa ortodossa».

Enrico Casale

Fonte: Il gesuita Samir: “In Egitto torna la Primavera”.

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