Il jihadismo islamico e Arancia meccanica | Tempi.it

gennaio 26, 2015Giovanna Jacob

Il radicalismo islamico non va messo solo in relazione al “disagio sociale”, ma alla questione del male. Anthony Burgess aveva capito tutto

arancia-meccanica-wallpaperCaro direttore, pochi giorni fa si è saputo che uno studente della Normale di Pisa è stato espulso dall’Italia per sospetti legami con gruppi jihadisti. Si tratta del venticinquenne turco Furkan Semih Dundar, dottorando in fisica, ammesso alla Normale per le sua competenza nella fisica dei buchi neri e nella connessione di questa con la teoria delle stringhe. Fra novembre e dicembre, ha inviato messaggi sospetti a siti jihadisti e a siti governativi italiani e statunitensi. In ogni caso, questi messaggi erano troppo vaghi per provare che egli fosse collegato a gruppi jihadisti. Per il momento l’unica accusa formalizzata contro di lui è “procurato allarme”.

In una intervista apparsa su Repubblica, Dundar dichiara di non essere più musulmano da tanto tempo e c’è da credergli. Nessun musulmano, infatti, potrebbe mai fare una apologia del paganesimo e di Nietzsche: «Ma nel 21esimo secolo il concetto di amore è collassato, il sistema di valori sia in Occidente che in Oriente è in crisi. L’amore è stato superato dalla lussuria. L’unica soluzione per cui la gente possa trovare pace è il paganesimo, che si adatta all’esistenza delle moltitudini che hanno stili di vita diversi. Nietzsche aveva ragione, dopotutto».

Dunque, sembra estremanete improbabile che questo giovane brillante dottorando sia un individuo pericoloso. Tuttavia, non dobbiamo credere che un giovane brillante dottorando non possa a priori diventare un terrorista. Più precisamente, non dobbiamo credere a Socrate. Il troppo venerato filosofo sosteneva che per fare il bene basta conoscere il bene. Chi fa il male, secondo il filosofo, semplicemente ignora il bene. I moderni non hanno fatto altro che esasperare il pensiero di Socrate: se per l’antico filosofo il male nasce dall’ignoranza del bene, per i moderni il male nasce dall’ignoranza tout court. “Diamo ai giovani cultura”, dicono gli intellettuali à la page, “e li terremo lontani dalla violenza”.

In realtà, non sembra davvero che la cultura renda i giovani buoni. Quello che sappiamo, è che la migliore formazione culturale occidentale non ha tenuto molti giovani brillanti di religione musulmana alla larga dal terrorismo. Per la cronaca, la maggioranza dei capi islamici fondamentalisti possono esibire con orgoglio prestigiose lauree conseguite in prestigiose università occidentali o in università orientali occidentalizzate. Il miliardario Bin Laden fu educato nell’esclusivo collegio Le Rosey, in Svizzera, mentre Hassan el Turabi, ideologo del regime sudanese e mandante del genocidio scientifico dei cristiani, si è laureato ad Oxford e alla Sorbona. Tornando indietro nel tempo, Muhammad Iqbal, uno dei principali teorici dell’indipendenza del Pakistan dall’India, aveva studiato ad Oxford ed aveva meritato il titolo di baronetto. In realtà, si fatica a trovare gente priva di istruzione superiore anche fra i semplici manovali del terrore. Tutti ricordano che Mohammed Atta, capo del commando di terroristi dell’11 settembre, aveva conseguito una laurea in ingegneria in Germania. Per identificare “Jihadi John”, il terrorista che ha decapitato James Foley e Steve Sotloff, gli esperti hanno concentrato la loro attenzione su tre cittadini britannici, residenti a Londra, che hanno lasciato la madre patria per andare a combattere in Siria. Ebbene, fra essi c’è pure uno stimato professionista: il medico Shajul Islam, 28 anni.

La verità indiscutibile che emerge dalle biografie degli islamisti è che per diventare terroristi non c’è bisogno di ignorare il bene. Viene in mente il romanzo Arancia Meccanica di Anthony Burgess, da cui è stato tratto l’omonimo film di Stanley Kubrik. Nel brano seguente c’è la chiave di interpretazione di tutto il romanzo. Sebbene Alex, protagonista e voce narrante del romanzo, usi uno strano “slang” sub-urbano, le sue parole sono abbastanza chiare:

«La gazzetta parlava come al solito di ultraviolenza e rapine nelle banche (…) E c’era il un tamagno grande articolo sulla Gioventù Moderna (parlavano di me, così feci un bell’inchino, ghignando da scardinato) di qualche martino calvo e intelligentone. (…) Questo martino così istruito diceva le solite trucche sulla mancanza di autorità dei genitori e la carenza, come diceva lui, d’insegnati cinebrivido che avrebbero dovuto togliere ogni velleità ai loro innocenti pupilli a forza di bastonate fino a farli chiedere pietà. Tutte stronzate di questo genere, però era bello sapere che noi si faceva notizia ogni giorno, o fratelli. Di articoli sulla Gioventù Moderna ce n’erano sempre, ma la trucca migliore che avessero mai stampato sulla vecchia gazzetta era un bigio papalone col collare da cane che diceva come, secondo la sua stimatissima opinione, e lui sprolava da uomo di Zio, ERA IL DIAVOLO CHE SI TROVAVA OVUNQUE che si scavava la sua strada dentro la giovane carne innocente, ed era il mondo degli adulti che doveva assumersene la responsabilità per via delle loro guerre e delle bombe e tutte quelle assurdità. Ora sì che andava bene. Lui sì che sapeva di cosa parlava dato che era un uomo di Dio. E dunque noi malcichi eravamo innocenti e nessuno poteva darci la colpa. Benebenebene. (…) Mi feci una gufata, però, ripensando a quello che avevo letto una volta in uno di questi articoli sulla Gioventù Moderna, su come la Gioventù Moderna sarebbe stata migliore se si fosse riusciti a incoraggiare l’Amore per le Arti. La Grande Musica, diceva, e la Grande Poesia avrebbero calmato la Gioventù Moderna e avrebbero inserito la Gioventù Moderna nella società civile. Inserito nelle mie berte sifilitiche. La musica mi rendeva ancora più sviccio, mi faceva sentire come il vecchio Zio in persona, pronto a far tuoni e saettame e ad avere martini e quaglie scriccianti in mio ha ha potere».

A proposito della Grande Musica, tutti ricordano la scena del film di Kubrick in cui Alex (Malcolm McDowell) si abbandona misticamente a visioni di “dolce ultraviolenza” mentre ascolta la Nona di Beethoven. A parte questo, il teppista Alex è molto soddisfatto di quello che legge: «E dunque noi malcichi eravamo innocenti e nessuno poteva darci la colpa». In effetti, per gli intellettuali moderni il criminale è sempre innocente, sempre vittima di qualcosa, in primo luogo della società: «L’uomo è buono e la società lo rende cattivo» (Jean-Jacques Rousseau, Il contratto sociale). Poiché si rifiuta di pensare che l’uomo possa non essere buono, l’intellettuale moderno cercherà sempre le cause del male fuori dall’uomo stesso, più precisamente fuori dalla sua volontà: ora nell’ignoranza del bene, ora nella mancanza di cultura, ora nelle tare psichiatriche, ora nelle “ingiustizie sociali”.

Ad esempio, in molti articoli apparsi negli ultimi giorni la conversione dei tre terroristi del 7 gennaio al radicalismo islamico viene messa insistentemente in relazione al “degrado” e ad un “disagio sociale” che regnerebbero incontrastati nelle banlieues francesi. Ma in realtà, dal punto di vista economico quei tre “disagiati” non se la passavano tanto male, sicuramente meglio di tanti europei autoctoni, che a causa della crisi vivono oggi al di sotto della soglia di povertà. Dei due fratelli Said e Chérif Kouachi sappiamo che sono cresciuti in una casa famiglia a spese dello stato francese (ossia a spese dei contribuenti della nazione che volevano distruggere) mentre di Amedy Coulibaly sappiamo che nel 2009 aveva ottenuto un buon posto di lavoro in una fabbrica della Coca cola. E non dimentichiamo mai che il defunto Osama Bin Laden era una specie di miliardario.

Ma torniamo brevemente al romanzo. Anthony Burgess, che sembra fosse profondamente influenzato dalle idee del famoso convertito inglese John Henry Newman, enfatizza con le maiuscole quello che secondo lui è la verità: «ERA IL DIAVOLO CHE SI TROVAVA OVUNQUE». In effetti, alla base di Arancia meccanica c’è la critica alla visione tipicamente illuminista dell’uomo, di cui lo studioso dell’illuminismo Ernest Cassirer mette a fuoco il tratto principale: «Il pensiero del peccato originale è l’avversario comune, a combattere il quale si uniscono i diversi indirizzi della filosofia illuministica. Troviamo il Hume a fianco del deismo inglese come il Rousseau a fianco del Voltaire» (E. Cassirer, La filosofia dell’illuminismo). Insomma, la verità ostinatamente negata dalla cultura moderna è che la radice del male è nel cuore dell’uomo, e che il cuore dell’uomo è costantemente insidiato da una misteriosa presenza che è riuscita a convincerci della sua inesistenza. È il diavolo, non le ingiustizie sociali, a spingere i giovani al terrorismo.

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