Il Natale secondo Testori « Giuliano Guzzo

Il Natale di oggi è un amaro paradosso: riusciamo a celebrarlo tutti ma solo in pochi si fermano a riflettere sul suo significato: c’è la festa e non manca solo il Festeggiato – fatto già assurdo e gravissimo – ma pure l’attenzione al senso, al contorno sostanziale che fa di questi giorni, e di uno in particolare, la più cristallina manifestazione della bellezza. Da evento che rivoluziona la storia, il Natale si riduce così a pretesto per illuminare meglio le strade, da miracolo vitale a rito meccanico, da incontro eccitato con Gesù Bambino a raduno standard coi parenti.

Ora, per invertire la rotta le possibilità sono tante, e credo che, fra gli antidoti a disposizione, occupino un posto particolare le parole di Giovanni Testori (1923 –1993), scrittore geniale e fedele inquieto, uomo di cuore e di pensiero che molti farebbero bene e leggere e conoscere. Testori aveva un acume raro, che gli consentiva – senza restare impigliato nella retorica ampollosa e aristocratica degli eruditi – di cogliere il sodo delle forme, quello che resta in mezzo a quello che passa, insomma l’essenziale.

Questo gli consentì di scrivere le parole che seguono e che, secondo me, descrivono alla grande il senso primo del Natale: «Il Natale è la nascita assoluta che riflette e assume, illumina e redime, benedice e consacra tutte le nascite di prima e tutte le nascite di poi. Ogni uomo che venga alla luce ripete il miracolo del Natale di Cristo; perché è Dio che decide quella nascita. E’ proprio ciascuna di quelle vite, nessuna esclusa, che l’ha spinto da sempre a incarnarsi» (La maestà della vita e altri scritti, Rizzoli, Milano 1998).

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