Il Papa: “Il mio appello ai leader islamici, ora condannate il terrorismo” – Repubblica.it

A colloquio sul volo di ritorno: “In moschea mi sono rivolto a Dio: finiamola con queste guerre. Forse la Siria ha avuto le armi chimiche da chi l’accusa”

dal nostro inviato MARCO ANSALDO

“AL PRESIDENTE Erdogan l’ho detto: sono i leader religiosi, intellettuali e politici musulmani che devono condannare i terroristi chiaramente. E la condanna deve essere mondiale. In Medio Oriente oggi c’è una Cristianofobia. E nella moschea di Istanbul ho pregato dicendo: “Signore, finiamola con queste guerre!””. È diventata ormai una tradizione di Papa Francesco. Al ritorno da un suo viaggio all’estero, durante il volo passa per il corridoio a salutare i giornalisti uno per uno. Poi si ferma a rispondere alle loro domande. Tutte. Senza reticenze, né richieste di evitare un tema piuttosto che un altro. Così ha fatto anche ieri sera, rientrando da Istanbul, al termine di tre intensi giorni di viaggio nella Turchia musulmana che confina con Paesi sconvolti dalla guerra come Iraq e Siria.

Santità, Erdogan ha parlato di Islamofobia. Lei ha anche accennato a una sorta di Cristianofobia, con i cristiani perseguitati in Medio Oriente. Lei oggi è un leader morale globale: che cosa si può fare per andare oltre il dialogo interreligioso, pure importante?
“Io credo sinceramente che non si possa dire che tutti gli islamici sono terroristi, come non si può dire che tutti i cristiani sono fondamentalisti: anche noi abbiamo dei fondamentalisti, in tutte le religioni ci sono questi gruppetti. Ho detto a Erdogan che sarebbe bello condannarli chiaramente, lo dovrebbero fare i leader accademici, religiosi, intellettuali e politici. Così lo ascolterebbero dalla bocca dei loro leader. Abbiamo bisogno di una condanna mondiale da parte degli islamici che dicano: “No, il Corano non è questo!”. Sulla Cristianofobia non voglio usare parole addolcite: a noi cristiani ci cacciano via dal Medio Oriente”.

E che significato ha avuto il suo momento di preghiera così intenso nella Moschea Blu?
“Sono andato in Turchia come pellegrino, non come turista. Quando sono andato in moschea ho visto quella meraviglia, il Muftì mi spiegava bene le cose con tanta mitezza, mi citava il Corano là dove si parlava di Maria e di Giovanni Battista. In quel momento ho sentito il bisogno di pregare. Gli ho chiesto: preghiamo un po’? Lui mi ha risposto: “Sì, sì”. Io ho pregato per la Turchia, per la pace, per il Muftì, per tutti e per me… Ho detto: “Signore, ma finiamola con queste guerre, eh!”. È stato un momento di preghiera sincera”.

Dopo questa visita al Patriarca ortodosso che prospettive ci sono per gli incontri con quello di Mosca?
“Il mese scorso in occasione del Sinodo è venuto il metropolita Ilarion e abbiamo parlato. Io credo che con l’ortodossia siamo in cammino. Ma se dobbiamo aspettare che i teologi si mettano d’accordo, quel giorno non arriverà mai. I teologi lavorano bene, ma Atenagora diceva: “Mettiamo i teologi su un’isola a discutere, e noi andiamo avanti”. L’unità è un cammino che si deve fare insieme. Le Chiese orientali cattoliche hanno diritto di esistere, ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca, si deve trovare un’altra strada (le uniate sono le Chiese dell’Oriente europeo tornate nel XV secolo in comunione con la Chiesa cattolica, ndr). Ho fatto sapere al Patriarca Kirill: ci incontriamo dove vuoi, tu chiami e io vengo. Ma in questo momento con la guerra in Ucraina ha tanti problemi”.

Dopo il suo inchino storico al Patriarca Bartolomeo, come affronterà le critiche degli ultraconservatori?
“Mi permetto di dire che questo non è un problema solo nostro. Questo è un problema anche degli ortodossi. Dobbiamo essere rispettosi e non stancarci di dialogare, senza insultare, senza sporcarsi, senza sparlare. Se poi uno non vuole dialogare… “.

Al Sinodo dei vescovi in ottobre ci sono stati dei passaggi contestati della relazione intermedia.
“Il Sinodo è un percorso, è un cammino. Non è un Parlamento, è uno spazio protetto perché possa parlare lo Spirito Santo. E la relazione finale non esaurisce il percorso”.

Andrà in Iraq?
“Lo voglio. Ho parlato col Patriarca Sako. Per il momento non è possibile. Se in questo momento andassi si creerebbe un problema per le autorità, per la sicurezza”.

Nel mondo ci sono ancora tante armi nucleari…
“Sono convinto che stiamo vivendo una Terza guerra mondiale a pezzi, a capitoli, dappertutto. Dietro di questo ci sono inimicizie, problemi politici, problemi economici, per salvare questo sistema dove il dio denaro e non la persona umana è al centro. E dietro ci sono anche interessi commerciali: il traffico delle armi è terribile. L’anno scorso si diceva che la Siria aveva le armi chimiche: io credo che la Siria non fosse in grado di farsele. Chi gliele ha vendute? Forse chi l’accusa. Su questo affare delle armi c’è tanto mistero”.

Nel 2015 ci sarà il 100° anniversario del genocidio armeno, negato dai turchi. Lei cosa ne pensa?
“Lo scorso anno il governo turco ha fatto un gesto, Erdogan ha scritto una lettera nella ricorrenza, che alcuni hanno giudicato troppo debole. Ma è stato un porgere la mano. A me sta molto a cuore la frontiera turco-armena: se si potesse aprire quella frontiera sarebbe una cosa bella. So che ci sono problemi geopolitici, ma dobbiamo pregare per questa riconciliazione”.

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