La fede instilla una “dimensione profetica” nella carità. Benedetto XVI, parlando questa mattina all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, che sta affrontando il tema “Carità, nuova etica e antropologia cristiana”, ha rimarcato il “rapporto dinamico tra fede e carità”, sottolineando che “il cristiano, in particolare chi opera negli organismi di carità, deve lasciarsi orientare dai principi della fede”, per “aderire” al progetto di Dio.
Ma “nella prospettiva di un uomo privato della sua anima e dunque di una relazione personale con il Creatore, ciò che è tecnicamente possibile diventa moralmente lecito, ogni esperimento risulta accettabile, ogni politica demografica consentita, ogni manipolazione legittimata”. È l’insidia, questa, dell’“assolutizzazione dell’uomo”, che “pretende di essere indipendente e pensa che nella sola affermazione di sé stia la sua felicità”.
Un sano discernimento. Da qui l’invito di Benedetto XVI a “prestare un’attenzione profetica a questa problematica etica e alla mentalità che vi è sottesa”, alla luce della fede e con un “sano discernimento”. Perciò “la giusta collaborazione con istanze internazionali nel campo dello sviluppo e della promozione umana non deve farci chiudere gli occhi di fronte a queste gravi ideologie, e i Pastori della Chiesa” hanno “il dovere di mettere in guardia da queste derive tanto i fedeli cattolici quanto ogni persona di buona volontà e di retta ragione”. In concreto, “di fronte a questa riduzione antropologica, quale compito spetta a ogni cristiano, e in particolare a voi, impegnati in attività caritative, e dunque in rapporto diretto con tanti altri attori sociali?”, chiede il Papa alla plenaria del dicastero vaticano.
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