Il premio Nobel alla dittatura del relativismo

(di Roberto de Mattei) Il 10 dicembre 2012 i presidenti, rispettivamente, dell’Unione Europea Herman Van Rompuy, della Commissione europea, José Manuel Barroso e del Parlamento europeo, Martin Schultz, hanno ritirato a Stoccolma il premio Nobel per la Pace assegnato quest’anno all’Unione Europea. L’ assegnazione del premio e le sue motivazioni («L’Ue ha contribuito all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa») hanno un suono beffardo e provocatorio per i cittadini europei. Il Vecchio Continente conosce infatti uno dei momenti più difficili dalla sua storia più recente, proprio a causa delle tensioni sociali e delle violazioni della democrazia e dei diritti umani di cui è responsabile l’Unione.

L’Unione Europea, registra innanzitutto un pesante fallimento economico. L’euro, che avrebbe dovuto portare stabilità e coesione economica all’Europa, è in profonda crisi. Le differenze tra le strutture produttive dei Paesi dell’Unione si sono divaricate, con un trasferimento di ricchezza dal sud al nord dell’Eurozona. Mentre la Germania ha assunto la guida della locomotiva europea, i vagoni della Grecia, della Spagna, e dell’Italia, hanno iniziato a deragliare dai binari. Intanto la Banca Centrale Europea, che non è solo un organismo monetario ma è la vera cabina di regia politica, innalza a Francoforte il suo tempio: un colossale grattacielo che sorgerà nell’area dei vecchi mercati generali di Francoforte, e costerà la bellezza di 1,2 miliardi di euro, caricati sul debito dei 28 paesi della UE. E ciò proprio mentre il presidente della BCE e i suoi collaboratori fustigano gli Stati membri, invocando austerità e sacrifici per tutti.

Tra i leader dell’Unione Europea il più docile agli ordini della BCE è Mario Monti, designato al governo dell’Italia nel novembre 2012, senza investitura popolare, per designazione congiunta dei vertici europei e del presidente della Repubblica Napolitano. Ma, dopo un anno di governo, la ricetta di Mario Monti, per “salvare l’Italia” mantenendola nell’euro, si è rivelata disastrosa. L’aumento senza precedenti della pressione fiscale ha prodotto la crescita della disoccupazione, il crollo dei consumi e della produzione industriale, l’aumento dell’inflazione, e del debito pubblico. Eppure avrebbe dovuto bastare l’esempio della Spagna, dove le misure imposte della BCE hanno creato uno stato di gravissima depressione, con un tasso di disoccupazione complessivo che sfiora il 25%, e un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 50%.

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