Il rogo di Notre-Dame e la paura di ammettere la nostra «identità cristiana» | Tempi

Il commento di Galli della Loggia alle parole di Macron e Mélenchon, segno della difficoltà per le élite di dire la sostanza e la radice dell’anima europea

La cattedrale di Notre Dame di Parigi dopo l'incendio

«Il fatto è però, come si sa, che queste due parole, “identità cristiana”, costituiscono un non dicibile per il discorso pubblico dell’Europa ufficiale», scrive così oggi nell’editoriale di prima pagina sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia – Le radici dell’Europa riscoperte (tardi).

DUE NON TRASCURABILI QUESTIONI

Lo storico e politologo prende spunto dai commenti del presidente Emmanuel Macron e del leader della sinistra francese Jean-Luc Mélenchon dopo l’incendio della cattedrale di Notre-Dame. Parole accorate, in cui si fa riferimento al grande valore per il paese della chiesa parigina («Era una parte di noi… del nostro destino»; «la nostra cattedrale comune, il vascello, la navata che tutti ci porta sui flutti del tempo»). Parole condivisibili, dice Galli della Loggia, che però pongono due «non trascurabili questioni»:

«Primo: l’insieme delle considerazioni e affermazioni suddette e mille altre analoghe ascoltate e lette in questi giorni non alludono forse – e neppure troppo velatamente, direi anzi con grande passione argomentativa – all’esistenza di una cosa che si chiama identità? Secondo: tale identità non si rivela forse a chiare lettere essere un’identità cristiana?»

LE RADICI CRISTIANE

Perché di questo non si parla? Che cosa impedisce, una volta espresso lo sconcerto per il rogo, una volta venuto alla luce che quella cattedrale è un simbolo che unisce le nostre vite e, addirittura, il nostro «destino», di riconoscere che quel “quid” è un quid «cristiano»? Sul «mainstream politico-culturale del nostro continente», sulla «politica», sugli «intellettuali che contano», sui «media» – scrive il politologo – grava «l’interdetto del Politicamente Corretto».

«Non per nulla quando una quindicina di anni fa, nella premessa a un progetto di Costituzione della Ue molti proposero di menzionare tra le radici spirituali della nuova entità che si voleva fondare, accanto al retaggio greco-romano e all’Illuminismo, anche le «radici cristiane», si assistette a una vera levata di scudi. Invocando l’imprescindibile spirito laico, la complessità della storia non racchiudibile in formule, e mille altri motivi, fioccarono dubbi, cavilli e obiezioni di ogni tipo. […] Sostenuta da una vasta opinione di colti, l’assemblea dei costituenti decretò che l’Europa non aveva radici storico-culturali (o non poteva dire di averne), e che già solo evocare la dimensione dell’identità era qualcosa di non inclusivo, tendenzialmente razzista; pensare addirittura di accennarne nella Costituzione una pretesa irricevibile».

CONFORMISMO DIFFUSO

Ecco un bell’esempio di distacco delle élite dal popolo. Un bell’esempio di «conformismo diffuso» e «irenismo fondato sull’automortificazione».

«L’incendio di Notre-Dame ha funzionato però da detonatore del deposito di materiale emotivo silenziosamente accumulatosi per anni in seguito alle centinaia di morti e feriti prodotti dagli attentati islamisti, alle decapitazioni e agli altri orrori dell’Isis. Non c’è nulla come la percezione prolungata della presenza del pericolo e di un nemico per rendere coscienti della propria identità e per sentire il bisogno di manifestarla. Certo, le fiamme di Parigi sono state dovute a un incidente, ma è bastata la minaccia di vedere in cenere una delle icone della cristianità del continente perché in una vasta parte dell’opinione pubblica europea si verificasse una reazione al di là di ogni tradizionale divisione politica o confessionale».

È come se l’autocoscienza dell’uomo europeo si sia d’un tratto rivelata. Come se un fiume carsico che attraversa le nostre società sia tornato in superficie, oltre la coltre del politicamente corretto, oltre la coltre dei tentativi dei media di nascondere, occultare, sopire quel che duemila anni di storia ci hanno insegnato a essere. «Siamo questa cosa qui, questo luogo, anche questa chiesa, e non siamo disposti a rinnegare ciò che siamo».

Foto Ansa

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