Il sindaco Marino, le droghe e la rinuncia alla paternità – Stefano Degli Abbati – Il Giudizio Cattolico

“Sono fortemente attratto da qualunque sostanza stupefacente ma non ne ho mai utilizzata nessuna perché ho paura da un punto di vista medico…mi sono interrogato quando abbiamo avuto in città i Rolling Stones: vedendo il batterista, a quasi 75 anni, suonare senza interruzione con un’energia incredibile diventa poi difficile spiegare ai tuoi figli che non devono utilizzare sostanze…” Queste le parole del sindaco di Roma martedì 30 settembre durante il programma di Radio2 Un giorno da pecora che lasciano interdetti soprattutto perché pronunciate da un’autorità istituzionale e da un padre. Nel suo atteggiamento di generica apertura nei confronti delle droghe c’è tutta la superficialità di una cultura postsessantottina che ha enormi difficoltà a rimanere nella realtà e sogna un mondo in cui l’aspirazione alla libertà si sovrappone al dovere della responsabilità, sempre attributo imprescindibile della paternità. E non è un caso che questa visione utopica coincida con quella di “Imagine” e di “I can’t get no satisfaction”, traduzioni pop dei miti dell’utopia impossibile e dell’impossibilità di una soddisfazione che contraddistinguono la cosiddetta cultura Rock, ancora dominante nonostante le generazioni che si susseguono. E il problema sta proprio qui, nell’incrocio decisivo fra il volere rimanere figli senza obblighi e dover essere genitori e farsi quindi carico di trasmettere valori che strutturano la personalità e non false aspirazioni votate al fallimento. E’ l’idea stessa di “una sostanza che fa stare meglio” che rappresenta la tentazione originaria del fenomeno tossicodipendenza, è quell’idea di fuga rispetto all’affrontare la vita con tutte le sue difficoltà che ha perso e continua a perdere moltissimi giovani. Non rimanga inebetito a contemplare Keith Richard e Mick Jagger, (che pure hanno i loro problemi se le loro biografie sono costellate delle morti violente di persone a loro vicine e se nei filmati che li ritraggono nei backstage appaiono come i Walking dead della serie omonima, magari solo un po’ più isterici) piuttosto Marino si faccia un giretto nelle periferie della stessa città di cui è primo cittadino, lì si che potrà vedere nei tanti drammi familiari gli effetti mortiferi e reali dell’abbassamento delle difese sociali nei confronti delle droghe. Il solo e vero antidoto alla lusinga dei paradisi artificiali è qualcuno che ci insegni a crescere, che ci aiuti a discernere il bene e il male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato proprio in funzione di questa crescita che si identifica appunto con la consapevolezza di una responsabilità. Certo però quando è l’adulto a venir meno al suo compito genitoriale, ai ragazzi si può imputare ben poco poiché la confusione che si genera non gli permette di distinguere più nulla, né a livello fattuale né tantomeno dialettico e l’unica possibilità che gli rimane è quella di pagare a carissimo prezzo l’impatto con le verità del reale. Si preferisce continuare a giocare col fuoco delle provocazioni anche se c’è ben poco da ridere di fronte alla deriva collettiva e ai disastri personali che quella ingenera. Basterebbe riflettere un po’ di più su cause ed effetti del nostro agire e del nostro agire, ma la logica con i suoi sillogismi sembra diventata nemica del pensiero contemporaneo ed è malattia comune dei profeti del politically correct quella di partire e terminare dalle loro sensazioni del momento senza metterle in relazione con ciò che viene prima e ciò che ne segue. Vale nell’ambito delle droghe così come in tutte le altre questioni etiche. Basti ricordare l’Obama che ha bisogno delle figlie per sapere ciò che pensa dei problema dei matrimoni e delle adozioni omosessuali («Malia e Sasha hanno amici i cui genitori sono dello stesso sesso. Alcune volte io e Michelle ci sediamo a tavola e parliamo con Malia e Sasha dei loro amici e dei loro genitori e a loro non viene neanche in mente che dovrebbero essere trattati diversamente. Per loro non ha senso e francamente questo è qualcosa che cambia la prospettiva».) Chissà se qualcuno gli ha detto che spettava proprio lui e a Michelle, proprio in quanto padre-uomo e mamma-donna, invitarle a riflettere sulle differenze dei modelli genitoriali che si trasmettono rispettivamente con un corpo maschile e uno femminile? Non sarà mica, come dice la mia di figlia, che la verità non la si accetta perché è troppo semplice? Ma cari Marino e Obama se non crediamo nella verità, se non aspiriamo a ciò che è buono e giusto nei comportamenti sessuali e non, allora è il male che ci affascina ed è per il diavolo che abbiamo simpatia, come dicono in un loro brano famoso giustappunto proprio i Rolling Stones.

 

Stefano Degli Abbati

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