Il terzomondismo occidentale ha finito per mettere a rischio i cristiani d’Africa

Le recenti stragi di fedeli in Nigeria e Kenya – di domenica, mentre pregavano raccolti in luoghi di culto – hanno portato ancora una volta all’attenzione del mondo le condizioni difficili in cui molti cristiani sono costretti a vivere in Africa, nel mirino del terrorismo islamico anche dove, come in Kenya e in tanti altri stati subsahariani, i musulmani costituiscono una minoranza e dove, non molti anni or sono, erano piuttosto loro a temere discriminazioni e peggio.

Ma allora a minacciarli non erano i cristiani e non era neanche la fede religiosa a costituire il problema. Erano invisi e presi di mira perché costituivano una minoranza relativamente ricca di professionisti, commercianti e imprenditori immigrati dall’Asia e ai governi africani fa sempre comodo riversare sulle comunità minoritarie, autoctone e meglio ancora se di origine straniera, la colpa del mancato sviluppo, della povertà, della corruzione. Nel 1972 il dittatore Idi Amin Dada, in Uganda, ordinò l’espulsione di quasi tutti gli 80.000 residenti asiatici, in gran parte di religione islamica, che dovettero lasciare il paese perdendo ogni loro bene.

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