IL VENTO DELLA TOLLERANZA. | Da Porta Sant’Anna

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Che bello! Quando il vento della tolleranza spira sui nostri paesi, ci sentiamo tutti più liberi e meglio protetti. In fondo, siamo cresciuti a pane e frasi fatte, come quella attribuita a Voltaire, che sarebbe stato capace di dare la stessa vita per difendere il diritto degli altri a sostenere le proprie idee, pur non condividendole. Peccato che il buon Voltaire, tutto preso dalle sue ardite supposizioni su negri ed ebrei, non l’abbia nemmeno pensata. Resta il fatto che quella frase, seppure concepita da altri, ci fa sentire bene. Ci sarà sempre qualcuno disposto ad immolarsi per la nostra libertà di pensiero e di espressione. Altra cosa è capire, in verità, se questo nobile animo voglia sacrificarsi per noi o non piuttosto per un ideale che persegue, giusto o sbagliato che sia.
Pare che quella frase, chiunque l’abbia immaginata, sia diventata la bandiera di molti cattolici, che all’improvviso scoprono di dover essere i portatori della tolleranza. Bisognava aspettarselo, in qualche modo. A furia di veder descritta la nostra fede come oscurantista, macchiata di colpe indicibili, esportatrice di una visione colonialista, chiusa al confronto con il mondo, doveva pur arrivare il momento in cui avremmo potuto finalmente respirare. Fino a ripagare la storia degli uomini di tutte le colpe che Voltaire e i suoi compagni ci hanno attribuito. Abbiamo sostenuto questo o quel pensiero? Perdonateci. Se non altro, prendete atto del fatto che oggi pensiamo esattamente l’opposto. E siccome quel che pensiamo coincide con il vostro pensiero, la pace è fatta.
Bell’epilogo, come nelle migliori favole. Solo che è un epilogo disonesto, cioè non onesto.

Non è onesto innanzitutto nei confronti di Cristo, che per noi non è un maestro di pensiero. E’ semplicemente ridicolo che cristiani ignorino quale carica di libertà sia stata data al mondo da uomini che erano liberi dentro, non essendo asserviti ad alcun potere che non fosse quello di Cristo. Una libertà che è stata rispettosa della libertà altrui fin dal suo apparire sulla scena di questo mondo.
Non è onesto neppure nei confronti della verità storica. Uno dei discorsi più alti di Benedetto XVI fu quello tenuto al Parlamento Federale della Germania. Tra le altre cose, il Papa ebbe modo di ricordare una verità oggi ignorata da molti cattolici: ” Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio. Con ciò i teologi cristiani si sono associati ad un movimento filosofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II a. Cr. Nella prima metà del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romano. In questo contatto è nata la cultura giuridica occidentale, che è stata ed è tuttora di un’importanza determinante per la cultura giuridica dell’umanità. Da questo legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta, attraverso il Medioevo cristiano, allo sviluppo giuridico dell’Illuminismo fino alla Dichiarazione dei Diritti umani” (22 settembre 2011).

Più che provare vergogna per l’essere figli della Chiesa e del suo pensiero, dovremmo compiangere quanti, sul fronte opposto, ci accusano di oscurantismo. Si tratta di due fronti, già. Da una parte il ricorso alla ragione, dall’altra il suo radicale rifiuto, e proprio tra i figli di coloro che l’avevano issata come vessillo contro il cristianesimo. Possibile che un cattolico non si renda conto di questo strano paradosso dei nostri tempi? Se non in nome del Vangelo, almeno in nome dei diritti tanto decantati bisognerebbe indurre all’esercizio della ragione. Le parti si sono invertite, a riprova che quella ragione, ridotta sempre più a razionalismo, avrebbe finito per soffocare inesorabilmente l’uomo che si proponeva di liberare. E pensare che qualche infelice ebbe la cattiva idea di rimetterci la testa. Ma allora sarebbe stato inconcepibile che un discepolo di Cristo ragionasse come i persecutori.

E’ singolare che i cattolici, maestri di libertà, si riducano a farsi ridurre in schiavitù dai moderni sbandieratori di tolleranza. Rivendicare la libertà per se stessi, a certe condizioni, è un diritto; non riconoscerla agli altri, è un’offesa della dignità umana. Non vale richiamare il nesso la libertà e la verità, tra la libertà e la giustizia. La libertà diventa un idolo quando presume di potersi fondare su una esasperata esaltazione dei diritti e sul conseguente occultamento dei doveri. E non valgono le ragioni con le quali ci si presta a questo gioco. Non ha senso distinguere la propria fede dal diritto che gli altri hanno, perché non si tratta di illustrare il dogma della Trinità, bensì di richiamare i fondamenti stessi del nostro essere uomini.

Una minoranza, nemmeno omogenea (affermare il contrario sarebbe un torto per diversi omosessuali), ha deciso di imporre il suo pensiero, ammesso che pensiero possa dirsi. Reclama tolleranza da parte tutti, ma non è disposta a tollerare nulla. Esige il più grande rispetto, ma si fa scherno della fede altrui. Si appella alle leggi della ragione, ma di fatto riveste di razionalità la sua voglia irrazionale di non avere oppositori in alcun ambito della vita sociale. E il tutto con il tacito consenso dei cattolici. Per i pochi che parlano è pronta la gogna. Si salva soltanto il Papa, che ad oggi passa ancora come modello di riferimento di una Chiesa buonista che non esiste. Una voce fortemente critica si è già fatta sentire, ovviamente dal fronte della tolleranza, e con toni dispregiativi ha invocato dal signor Bergoglio la revisione di idee tanto irrazionali e innaturali. Evidentemente, a ridosso delle feste, i cattolici del “cometebuttafrance” e quelli impegnati sul fronte politico non hanno trovato il tempo di intervenire in difesa del Santo Padre. Oppure condividono quel pensiero. Tanto hanno già separato la fede dall’ambito sociale e politico, e non c’è da sperare che possano ravvedersi. Tradirebbero quel vangelo comodo e rassicurante che hanno adottato come manifesto del loro esercizio del potere. Pardon, del servizio.

Siamo ormai in piena contrapposizione. Non giova a nessuno far finta che non sia così. Ed è anche inutile girarci attorno, come se la nostra fosse l’impressione di poveri bigotti che non si rassegnano al mutamento dei tempi. Anche lo Stato, davanti al quale sono proni alcuni cattolici convinti che la Costituzione sia la traduzione politica dell’etica del vangelo, deve incassare le sentenze della Magistratura. Chissà che i nostri cattolici tolleranti non debbano trasferirsi dalle sedi amministrative e legislative a quelle giudiziarie. Non perderebbero neppure tempo a far finta che stiano difendendo l’uomo in nome della fede. Una sentenza lascia poco spazio ai dibattiti parlamentari.

Correva il 1905 quando  Chesterton affidava alla penna le sue previsioni:
La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto“.

Ci siamo in pieno!

Se la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso conflitto, come abbiamo cantato nella notte di Pasqua, bisogna semplicemente definire da che parte si voglia stare. Senza dover scomodare il Papa o Nostro Signore in persona.

don Antonio Ucciardo

Chiedo scusa per l’immagine scelta. Si tratta di un’opera di Donatella Sechi e ha per titolo “S’urtima birra”. Mi pare che descriva meglio di tante foto, comprese quelle della recente parodia religiosa di alcune attiviste lesbiche di Siviglia. Provate a fare la cosa inversa. Dimenticherete cosa sia la pace.

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