IL VOTO CATTOLICO. RINUNCIATARI PER L’ENNESIMA VOLTA?

di Paolo Deotto

vdA rischio di essere monotono, vorrei ripetere ancora un concetto che mi sembra fondamentale: il 24 e 25 febbraio non andiamo a votare solo per scegliere questo o quel partito. Andiamo a votare per scegliere se continuare sulla strada dello sfacelo, o se cercare, finalmente, di invertire la rotta e ricominciare un cammino di civiltà e di ricostruzione.

Ho detto “ricominciare”, né possiamo sapere quanto questo cammino sarà lungo e difficile. Non dovrebbero però esserci dubbi sul punto di partenza: il recupero dei valori cristiani, di quei valori non negoziabili di cui il Papa ci fa quotidianamente memoria.

Sento invece da parte cattolica troppe voci che parlano anzitutto, se non esclusivamente, dell’uscita dalla crisi economica che sta strangolando il Paese, senza voler portare fino in fondo l’analisi sulle vere origini di questa crisi e quasi dimenticandosi che se una società resta marcia alla base, non potrà avere un avvenire. Quanto poi alle scelte individuali, in molti casi c’è da restare allibiti. Come possano definirsi “cattolici” quanti militano in una sinistra che ha in programma (con la farsa del “matrimonio gay”)l a distruzione della famiglia, resta un mistero. Ma mi sembrano estremamente discutibili anche altre scelte, perché lo stesso PdL ha mostrato ormai di contenere tutto e il contrario di tutto, né le recenti “aperture” di Berlusconi in tema di coppie di fatto, e quindi anche di coppie omosessuali, sono accettabili.  Inoltre, nessuno dei partiti che quotidianamente ci fanno sentire la loro voce attraverso giornali e televisione spende una parola a difesa della vita, dal concepimento fino alla morte naturale.

Tutto questo sembra accettato tranquillamente da molti cattolici. Di recente abbiamo letto su Facebook una dichiarazione di Alleanza Cattolica, a firma Massimo Introvigne, in cui , partendo dal dovere di votare (assolutamente condivisibile) e dal concetto di voto “sprecato” (totalmente discutibile), si giunge a una strana conclusione, che sembra essere quella per cui il cattolico debba votare solo per un partito che dia un solida possibilità di successo. La Compagnia delle Opere ci fornisce un documento di ben quattro pagine, con molte affermazioni indiscutibili, ma che alla fine non da alcuna indicazione concreta, salvo contenere un’apodittica affermazione sulla “necessità” dell’adesione all’Unione Europea,  né possiamo pensare che gli amici della Compagnia delle Opere ignorino cos’è questa Unione e su quali disvalori si fondi.

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