In cella da sette anni per «blasfemia» | Mondo | www.avvenire.it

La storia di Asia Bibi – cattolica, condannata alla pena capitale per le accuse di vicine di casa musulmane, da oltre tre anni in carcere e in snervante attesa del giudizio d’appello che è sottoposto non soltanto ai tempi e alle modalità della giustizia, ma anche a quelle dell’opportunità politica e della pressione dell’estremismo religioso – è diventata simbolo della difficile condizione delle minoranza cristiana in Pakistan. Sono tante, troppe le vittime della “legge antiblasfemia” nel Paese asiatico. Tra queste, un caso suscita particolare sdegno: quello di Younis Masih, che vanta il drammatico record della più lunga detenzione per blasfemia. Il cristiano è in carcere a oltre sette anni dall’arresto e a cinque e mezzo dalla sentenza che lo ha condannato a morte in prima istanza. L’anno che si chiude è stato particolarmente duro per il falegname 34enne, la cui prima udienza del processo d’appello è stata spostata da novembre al 17 dicembre per essere ulteriormente posticipata al 17 gennaio 2013.

La sua vicenda era iniziata il 9 settembre 2005: il giovane aveva chiesto ai musulmani, che stavano assistendo a un concerto di musiche devozionali in una casa vicina, di rispettare con il silenzio il suo lutto per la recente morte di un nipote. Per questo era stato aggredito e con lui la sua famiglia e la piccola comunità cristiana locale. Il giorno dopo un imam lo aveva denunciato alla polizia secondo l’articolo 295C del Codice Penale che contempla l’accusa di blasfemia per «diffamazione del nome del Profeta».

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