In Pakistan la rivoluzione ha gli occhi di Rimsha Masih, 12 anni. Ha la sindrome di Down. Ed è stata accusata di blasfemia

“C’è proprio da essere grati a Dio di aver ‘usato’ Rimsha per aprire gli occhi a tutta la nostra nazione e mostrare come tante persone nella nostra nazione soffrano ingiustamente. I sacrifici di tanti cristiani e non cristiani stanno portando frutto. Continuiamo a unire le nostre sofferenze a quelle di Gesù che ancora soffre in tanti nostri fratelli e soffrire con dignità, in piedi, come Maria ai piedi della croce, che pur afflitta per il dolore più atroce, rimaneva lì per sostenere suo figlio”. Sono parole, scritte – nere su bianco – su Hayat, una rivista cristiana del Pakistan. E si riferiscono al caso di Rimsha, la ragazza pakistana di 12 anni, accusata di blasfemia perché sarebbe stata vista mentre, appiccando il fuoco, bruciava delle carte, tra le quali c’erano alcune pagine del Corano. La ragazza è affetta dalla Sindrome di Down.

Rimsha Masih è stata incarcerata per qualche settimana. Poi, il 7 settembre, è stata liberata su cauzione, e le autorità hanno provveduto a trasferirla insieme alla sua famiglia in una località sconosciuta per proteggerla da eventuali ritorsioni da parte di fanatici islamisti. La sua è una storia così inverosimile che numerosi esponenti di rilievo musulmani non avevano esitato, anche in televisione, a sostenere che l’accusa era assurda, anche perché la ragazza è minorenne e non sa leggere. E ora il processo sembra arrivato finalmente a una conclusione.

Alla fine, si è scoperto che era stato lo stesso maulvi (responsabile della moschea) che accusava Rimsha a strappare una pagina del Corano e a frapporla nelle ceneri. Il muezzin e altri testimoni hanno confermato questa versione. Era noto che Khalid Jadoon Chishti (questo il nome del Maulvi) voleva che i cristiani se ne andassero dalla specie di borgata in cui lui guidava la preghiera dei musulmani. Oggi si terrà l’udienza per decidere se procedere contro l’Imam.

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