INDIA Madhya Pradesh: la Chiesa serve lo sviluppo della società, ma le scuole cattoliche sono attaccate

» 08/01/2018, 13.11

Nirmala Carvalho

A Vidisha il St. Mary’s Post Graduate College è minacciato dai fondamentalisti. P. Biju illustra l’opera sociale della diocesi di Sagar. L’associazione Manav Vikas Seva Sangh fondata 27 anni fa e serve 286 villaggi di tribali.

Mumbai (AsiaNews) – “È davvero triste che mentre la Chiesa si impegna nello sviluppo della società, gli istituti educativi cattolici siano presi di mira per macchiare la nostra immagine”. Lo afferma ad AsiaNews p. Thomas Philip, conosciuto come p. Biju, direttore di Manav Vikas Seva Sangh, la Società per lo sviluppo umano della diocesi di Sagar (Madhya Pradesh). Egli interviene sulla vicenda del St. Mary’s Post Graduate College di Vidisha, la cui giurisdizione rientra nella sua diocesi. Da giorni la scuola è al centro di una campagna intimidatoria da parte dei fondamentalisti indù, che pretendono di celebrare rituali votivi indù al suo interno e minacciano gravi conseguenze. “Ad ogni modo – afferma il sacerdote – noi non siamo scoraggiati. La Chiesa cattolica continuerà di sicuro a lavorare per lo sviluppo degli emarginati e degli oppressi”.

Il direttore riferisce che la diocesi “serve attraverso l’apostolato nelle scuole e per lo sviluppo, senza fare discriminazioni. Tra l’altro gli indù sono i maggiori beneficiari dei nostri servizi. Anche nel College di Vidisha la maggior parte degli studenti è indù”.

Il sacerdote illustra l’operato di Manav Vikas Seva Sangh, fondato 27 anni fa. Esso è il braccio ufficiale della diocesi, che si occupa in particolare di migliorare le condizioni della società. “L’organizzazione – spiega p. Biju – si occupa del benessere della comunità senza distinzione di casta, credo, religione o razza. Vuole fondare una società basata sugli insegnamenti del Vangelo come pace, giustizia, uguaglianza, amore, cooperazione e fraternità. Fin dalla nascita, si è battuta senza sosta e in modo vigoroso per dare voce a chi non ha voce, potere agli impotenti e risorse ai poveri”.

L’associazione “è presente in 286 villaggi e sviluppa vari progetti, quali: beni di sussistenza, sostegno alle donne, salute e igiene, educazione informale, buone governanti, agricoltura sostenibile, diritti dei bambini, gestione delle risorse naturali”.

Il territorio collinare, spiega, “è abitato in maggioranza da una popolazione tribale povera e analfabeta, priva anche dei più semplici comfort come la casa, i vestiti, il cibo. Questi gruppi, molto sfruttati, vivono nelle foreste e la loro sopravvivenza dipende dalla raccolta del cibo, da agricoltura spontanea e salari giornalieri. I cambiamenti climatici e il rapido esaurimento del lavoro manuale dovuto alla meccanizzazione [del sistema produttivo] hanno gravemente afflitto la vita economica delle popolazioni tribali. Il nostro approccio consiste nel rafforzare la comunità, valorizzando la qualità delle famiglie, i bisogni essenziali del gruppo e assicurando inclusione e partecipazione al loro stesso sviluppo. La nostra strategia di lavoro rafforza i tribali e [consente loro] di accedere e beneficiare del sistema d’istruzione e di quello lavorativo, dei servizi sanitari e sociali”.

In sostanza, conclude, “lavoriamo per sradicare la povertà e la fame tra i tribali e migliorare le loro condizioni di vita; rendere universale l’accesso all’istruzione primaria; promuovere l’uguaglianza di genere e rafforzare donne e ragazze; ridurre la mortalità infantile; migliorare l’accesso alle cure sanitarie; assicurare la sostenibilità ambientale garantendo acqua pulita, servizi igienici e la raccolta dei rifiuti; attuare misure correttive contro il sistema delle caste e altre pratiche sociali discriminatorie; incoraggiare le capacità dei tribali, per un loro sviluppo individuale”.

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