INVERNO EGIZIANO Morsi si ravveda

Dal mondo cristiano la richiesta: fermare la deriva verso uno Stato islamico

Piazza Tahrir, due anni dopo: nulla sembra essere cambiato. Quella che doveva essere la primavera dell’Egitto, con la cacciata dell’ex presidente Hosni Mubarak, si è trasformata in un inverno nel quale il successore del rais, l’islamista Mohamed Morsi, uscito vincitore dalle urne, rischia d’impantanarsi anche per i suoi evidenti limiti di governo. Colui che doveva essere “il presidente di tutto il popolo” si sta rivelando, invece, il presidente di una sola parte. La scelta di occupare ogni spazio politico e amministrativo con uomini legati ai movimenti islamisti, la prova di forza per far approvare, da una minoranza, la Costituzione di chiara impronta islamista, lo stanno a dimostrare. Le proteste dei suoi oppositori scoppiate al Cairo, a Port Said, a Ismailiya, il 25 e 26 gennaio, represse nel sangue, con decine di morti, e che sono proseguite anche nei giorni seguenti a dispetto del coprifuoco imposto, rischiano seriamente d’indebolire lo Stato, fino al suo sfaldamento, come dichiarato dal capo delle forze armate egiziane, il generale e ministro della Difesa, Abdel Fattah al-Sisi. Gli inviti al dialogo di Morsi all’opposizione, riunita sotto il Fronte di salvezza nazionale, respinti dal suo leader El Baradei, stridono con l’uso della forza dimostrato in questi giorni da forze armate e polizia, contro i manifestanti che adesso guardano al 1° febbraio, come al giorno di una grande manifestazione popolare da tenersi in tutto il Paese.

Paese diviso. “L’Egitto – spiega al Sir il portavoce dei vescovi cattolici egiziani, padre Rafiq Greiche – è un Paese profondamente diviso, specie dopo la condanna a morte di 21 imputati nel processo per il massacro dello stadio, la strage di ultras Al-Ahly” considerati martiri della rivoluzione contro la dittatura di Hosni Mubarak. “Le proteste contro il verdetto sono coincise con il secondo anniversario della rivoluzione e si sono subito trasformate in manifestazioni contro il presidente Morsi e contro il suo regime islamista. Si tratta di proteste contro la religione nella sua forma fondamentalista e contro la mancanza di libertà”. Ma adesso, aggiunge il portavoce, “sta salendo la paura tra i giovani manifestanti” specie dopo la decisione del Consiglio consultivo, la Camera alta del Parlamento, di estendere i poteri dell’Esercito, incluso quello di arrestare i civili in caso di problemi di ordine pubblico. Anche l’iniziativa politica non sembra andare nella giusta direzione, quella di trovare uno sbocco alla crisi. L’invito di Morsi all’opposizione è stato rispedito al mittente dal suo leader, El Baradei. Perché? “Perché si tratta di un dialogo privo di agenda, fatto a uso delle telecamere – è la risposta convinta di padre Greiche -, non è stato fatto nulla per riportare la calma, necessaria a impostare un dialogo fruttuoso”.

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