IRAQ Mons. Sako: un Iraq diviso e violento è un “inverno arabo” per cristiani e musulmani – Asia News

di Dario Salvi

L’arcivescovo di Kirkuk denuncia l’uso della religione per “finalità politiche” e il rischio sempre più concreto di una partizione settaria del paese. A 10 anni dalla caduta di Saddam la situazione è peggiorata e la gente è “delusa”. Un richiamo alla Chiesa, e al futuro patriarca, perché siano fonte di unità, dialogo e garanti della presenza cristiana in Medio oriente.

Roma (AsiaNews) – In Iraq la religione riveste un “ruolo essenziale” ed è “sfruttata per finalità politiche”. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein ha preso piede “una mentalità settaria” nella quale “l’identità individuale vale più dell’unità nazionale”. È quanto sottolinea ad AsiaNews mons. Louis Sako, in una lunga intervista in cui analizza la storia recente del Paese, del Medio oriente e della vita dei cristiani. Sono ormai trascorsi circa 10 anni dall’invasione internazionale (marzo 2003) che ha determinato la cacciata del rais; tuttavia, secondo l’arcivescovo di Kirkuk – nel nord del Paese, centro nevralgico in cui si gioca la sfida per il petrolio fra governo centrale e indipendentisti curdi – democrazia, pari diritti e libertà “restano un sogno” e la gente è “delusa”.

Nei giorni scorsi le violenze hanno colpito anche la minoranza cristiana: il 7 gennaio la morte di una donna, sgozzata durante una rapina; il giorno seguente l’esplosione di un’autobomba, che ha ucciso uno studente universitario laureando in medicina. Episodi legati al clima tensione che si respira in tutto il Paese, teatro di una lotta confessionale fra sunniti e sciiti e di uno scontro di potere che ha per protagonisti arabi, curdi e turcomanni. Gli intellettuali musulmani e i cristiani vivono un inverno arabo”, aggiunge il prelato, che vede nel nuovo patriarca (che verrà eletto a Roma a fine gennaio) una figura chiave “padre e pastore”, chiamato a “prendere iniziative e promuovere riforme”.
Ecco, di seguito, l’intervista rilasciata da mons. Louis Sako ad AsiaNews:

Eccellenza, nei giorni scorsi sono stati uccisi due cristiani a Mosul. Un clima che ricorda gli anni più bui (2004-2006) di violenze. Qual è la situazione?
L’Iraq è abitato da un miscuglio di etnie, religioni e lingue: arabi, curdi, turkmeni, cristiani e musulmani sunniti e sciiti. Questo è diventato un elemento di preoccupazione perenne per i politici irakeni, che sembrano incapaci di risolvere i problemi. Anche i vari referendum, le elezioni e la distribuzione dei posti sono solo una lotta interna fra loro. Si moltiplicano proteste, manifestazioni e marce. Le minacce e le violenze hanno creato un vero e proprio vuoto istituzionale, nel quale si sono infiltrati gruppi criminali ed estremisti aggravando il clima.
Al momento non si vedono soluzioni concrete all’orizzonte, anzi vi è una sempre più netta divisione anche fra gli stessi gruppi politici ed etnici. I sunniti arabi accusano gli sciiti e i curdi di violare i loro diritti. I turkmeni sembrano essere emarginati da tutti. E i cristiani si sentono perseguitati.

A 10 anni dalla caduta di Saddam Hussein il Paese sembra peggiorato, anche per i cristiani. Vi sono prospettive di miglioramento?
Il governo attuale ha passato gli ultimi 10 mesi tentando di darsi una forma e, ancora oggi, non è completato. L’esecutivo vorrebbe anche fare qualcosa, ma le altre parti non lo aiutano. Permane una mentalità tribale, in cui tutti vogliono essere capi (sheikh). C’è una lotta per il potere, alle volte senza nemmeno una competenza specifica. Il cambiamento avviene col dialogo e il negoziato, non attraverso le violenze e il disordine.
Qui la religione riveste un ruolo cruciale ed è sfruttata per fini politici. Un leader che si presenta come laico, va alla moschea, indossa una “gelabia” (il camice islamico) e comincia a cantare i versi del Corano. Legge, istituzioni e Costituzione sono interpretati in modo diverso. Sono una materia di conflitto. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein si è creata una mentalità settaria e confessionale con sciiti, sunniti, musulmani, cristiani, arabi, curdi, turkmeni. E l’identità individuale vale più di quella nazionale. Il fratello diventa avversario.
Temiamo davvero la divisione del Paese in cantoni! La malattia del presidente Jalal Talabani e l’influsso dei Paesi della regione aggravano la situazione; ogni gruppo, senza tenere conto degli altri, vuole imporre la propria agenda. Democrazia e libertà nei Paesi della Primavera araba sembrano ancora oggi un sogno e un lungo cammino. Siamo davvero delusi!

Cliccare sul link per continuare a leggere: IRAQ Mons. Sako: un Iraq diviso e violento è un “inverno arabo” per cristiani e musulmani – Asia News.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Asia. Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.