Isis e non solo. La minaccia jihadista secondo l’Fbi – Formiche

06 – 09 – 2014Andrew McCabe

Isis e non solo. La minaccia jihadista secondo l'Fbi

Se volessimo caratterizzare con un solo ag­gettivo il tipo di minaccia che affrontano gli esperti di controterrorismo oggi è “fram­mentata”, ovvero una minaccia molto più complessa e diversificata di quanto avessi­mo sperimentato solo 4 o 5 anni fa. Questa maggiore diversità è ideologica, geografica e tattica. Alcuni elementi costanti sono tutta­via individuabili negli ultimi sviluppi. Una di queste naturalmente è ciò che definiamo “Aq-Core”, ovvero il nucleo di al Qaeda.

Esso si è ridotto, ma non è venuto meno e conti­nua a essere una minaccia per gli Stati Uniti e sia per l’Fbi sia per il Dipartimento di sicu­rezza interna, una fonte di preoccupazioni quotidiane, pianificando azioni, direttamen­te o attraverso le numerose affiliazioni. Aq-Core si è dimostrata incredibilmente effica­ce nello sviluppare queste ultime. Rispetto a qualche anno fa, infatti, il numero delle affi­liazioni è aumentato, così come è aumentata la loro capacità.

Quella che riteniamo la più efficace e letale è sicuramente “al Qaeda nella penisola araba” (Aqap), cui sono attribuiti diversi sventati at­tacchi sul suolo americano. Aqap continua a essere molto attiva a partire dai suoi santua­ri in Yemen e a rappresentare una minaccia di prima categoria, persistente e competen­te, agli Usa. Oltre ad Aq-Core e Aqap una delle minacce cui stiamo lavorando da qualche anno con grande applicazione sono le attività degli estremisti violenti cresciuti dalle nostre par­ti. Gli autoctoni costituiscono la maggioran­za delle minacce sventate negli ultimi anni sul nostro suolo.

Sono bersagli difficili. Sono difficili da trovare per natura, perché opera­no da soli e non si affidano alle reti, proce­dendo in solitario dalla radicalizzazione alla mobilitazione. Per questo è difficile seguirli con le procedure standard di investigazione. Essendo sempre più consapevoli dei nostri metodi e delle nostre tecniche, ci costringo­no a stare sempre un passo avanti e a rima­nere “creativi” nel nostro approccio di con­trasto. Hanno un’altra caratteristica, quella di essere senza alcun dubbio influenzati dalla propaganda on line. Abbiamo assistito a un’esplosione di tecniche di comunicazione, che vanno dai social media ai forum on line: non vi è praticamente limite a quello che si può trovare su Internet.

Vi è in pratica un accesso diretto di contenuti molto ben pro­dotti e confezionati, diretti a far propaganda presso un pubblico di estremisti violenti oc­cidentali, con effetto e impatto sicuro. In questo quadro di minacce emerse negli ul­timi anni, la Siria occupa una posizione uni­ca, perché in un modo o nell’altro le combina tutte quante insieme. Non vi è alcun dubbio che la Siria rappresenti una location di grande importanza per Aq-Core, con basi e campi di addestramento che fanno riferimento, diret­tamente o indirettamente a individui legati al nucleo alqaedista.

Nel panorama delle affi­liazioni, la Siria ne ospita due tra le più mici­diali dopo Aq-Core e Aqap: lo Stato islamico di Iraq e Levante (Isil) e Al-Nusra front. Queste ultime sembrano talora in guerra per la su­premazia su questo luogo caldo del mondo, ma restano due temibili organizzazioni dota­te di esperienza tattica e di combattimento ed entrambe intenzionate chiaramente a col­pire il territorio americano. La Siria infine è rilevante per la nostra po­polazione di estremisti autoctoni. Nella no­stra azione investigativa abbiamo rilevato questa costante: molti dei soggetti indagati sono ispirati dalle attività degli estremisti in Siria; molti intendono raggiungere quel Paese e legarsi a gruppi come Isil o al-Nusra front per prendere parte al jihad.

Il viaggio in Siria rappresenta il segnavia di gran lun­ga più indicativo di intenti estremistici negli States. Come più volte sottolineato dal diret­tore dell’Fbi, la Siria sta influenzando il fron­te globale del jihad in modo più pervasivo di quanto fece per esempio la Bosnia negli anni Novanta e l’Afghanistan successivamente. Una delle ragioni per cui i nostri estremisti autoctoni desiderano raggiungere la Siria è la propaganda e la glorificazione di questo viaggio, in particolare sui media on line divo­rati da questi radicali. La domanda che si pone a tutti noi ovvia­mente è: che fare? Per riassumere il tutto in una parola, la risposta è: partnership. Questa è davvero una crisi e un problema globale, ben al di fuori dalla portata di ognuna del­le nostre organizzazioni o singole nazioni.

Per questo bisogna cominciare allargando il cerchio a partire dai nostri alleati più stretti, che sono – per l’Fbi – la comunità d’intelligen­ce. Insieme al Dipartimento di sicurezza in­terna abbiamo costituito un team speciale di agenti ed analisti collocati che si occupano specificamente di individuare soggetti di in­teresse ritornati negli States dalla Siria o che intendono raggiungere la Siria, e di svilup­pare strategie di contrasto adeguate. Lavoria­mo a stretto contatto anche con le forze di polizia locale e statale – è a questo livello che infatti la loro pericolosità tenderà a mostrar­si per prima.

La velocità con cui riusciremo ad avere i dati e le notizie di reato su questi soggetti diventa un elemento-chiave per re­stare un passo avanti alla minaccia. L’anello successivo delle partnership è costituito dalle comunità, che dobbiamo raggiungere apren­do linee di comunicazione e di awareness. Abbiamo qui raccolto alcuni successi nel 2006-2008, fermando individui che intende­vano raggiungere la Somalia per unirsi ad al-Shabab. Ma la sfida è molto impegnativa: non esistono singole comunità identificabili da cui provengono i combattenti siriani. Si tratta infatti di un gruppo molto articolato in termini di retroterra socio-economico e religioso, formato da individui di diverse età e di entrambi i sessi, che, nell’insieme, sem­brano rispecchiare l’immagine stessa dell’A­merica.

Estratto dall’intervento pronunciato durante la conferen­za The Syrian conflict’s foreign fighters: concerns at home and abroad, Csis, Washington DC

Andrew McCabe Executive assistant director per l’antiterrorismo dell’Fbi

Articolo pubblicato sul numero di luglio 2014 della rivista Formiche

Fonte: Isis e non solo. La minaccia jihadista secondo l’Fbi – Formiche.

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