ISLAM/ Farouq: dietro gli attacchi c’è l’Arabia Saudita, ma nessuno lo dice

martedì 18 settembre 2012
“Il Profeta (la pace e la benedizione di Dio siano su di lui) ha detto: ‘Se un uomo promette pace e protezione a un altro uomo e poi lo uccide, io non ho nulla a che vedere con l’assassino, nemmeno se l’uomo ucciso è un miscredente'”. Wael Farouq, professore di Lingua araba nell’American University del Cairo, prima di iniziare questa intervista con IlSussidiario.net, ci tiene a citare questo passo del Corano. Il motivo, spiega, è che dopo le violenze dei giorni scorsi in cui, tra gli altri, è rimasto ucciso l’ambasciatore americano in Libia, è importante distinguere. Tra chi, dice, ed è una minoranza, fomenta violenze e odio per motivi puramente politici e quanti, la stragrande maggioranza, segue i precetti dell’Islam senza distorcerli. “Quanto è successo” dice “è del tutto contrario agli insegnamenti dell’Islam, la mia religione. L’Islam non permette a nessuno di uccidere un’altra persona per aver insultato il Profeta o l’Islam stesso”. Anche il fatto che in piazza al Cairo ci fosse chi ostentava immagini di Osama bin Laden, secondo Farouq, non deve trarre in inganno: “Erano poche centinaia di persone, gente ignorante molta della quale viene anche pagata per fare ciò che ha fatto”. Il problema, aggiunge, si nasconde dietro al fatto che “l’autentica malattia dell’Islam si chiama wahabismo, di cui l’Arabia Saudita è il massimo rappresentante. Ma siccome quel Paese controlla una grande parte della produzione del petrolio, nessuno nel mondo occidentale ha il coraggio di dire la verità al proposito e condannare l’Arabia Saudita”.
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