Jihad nelle carceri: così ci si arruola

È nelle carceri che il terrorismo islamico arruola i mujaheddin di domani. I nomi e le prove ci sono già. Su oltre 10mila reclusi musulmani, di cui 76 classificati come «terroristi internazionali», sono stati individuati «57 detenuti nei confronti dei quali è iniziata nell’aprile 2008 una raccolta dati, ancora in corso». Quattro anni di indagini all’interno dei penitenziari fanno dire al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che dietro le sbarre «il rischio di un proselitismo finalizzato alla lotta armata è concreto».

In un fascicolo di 136 pagine firmato dall’Istituto superiore di studi penitenziari ci sono i dettagli. Al chiuso delle celle si svolge sotto traccia l’opera di indottrinamento. Per arrivare a compilare la lista dei possibili reclutatori la polizia penitenziaria ha monitorato «i normali aspetti di vita quotidiana» di centinaia di carcerati: «flussi di corrispondenza epistolare, colloqui visivi e telefonici, somme di denaro in entrata e in uscita, pacchi, rapporti disciplinari, ubicazione nelle stanze detentive, frequentazioni e relazioni comportamentali». Informazioni che confermano quanto avevano segnalato i servizi segreti con un rapporto nel quale indicavano «un’insidiosa opera di indottrinamento e reclutamento svolta da “veterani”, condannati per appartenenza a reti terroristiche, nei confronti di connazionali detenuti per spaccio di droga o reati minori».

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