Jozef Tiso, la deportazione degli ebrei e le proteste della Chiesa cattolica | UCCR

Molto spesso chi attacca la Chiesa usa una singolare tattica: ammette che alcuni uomini del clero hanno avuto un atteggiamento eticamente corretto, ma afferma che in realtà queste persone furono delle mosche bianche che hanno agito contro la loro stessa gerarchia. Al contrario, porta spesso l’esempio di preti e vescovi che hanno compiuto misfatti per dimostrare la criminalità della Chiesa presa nel suo insieme. Ad esempio, taluni portano il caso del presidente slovacco, il presbitero Jozef Tiso, che durante la seconda guerra mondiale fu a capo di un regime responsabile della deportazione di migliaia di ebrei, per dimostrare la complicità della Chiesa nell’Olocausto. I fatti però smentiscono questa teoria.

Quando Hitler invase la Cecolosvacchia impose ai slovacchi un protettorato e alla guida del movimento nazionale s’impose appunto Jozef Tiso. Il suo ruolo politico fu malvisto dalla Santa Sede perché riteneva inopportuno un simile coinvolgimento del clero in uno stato affiliato alla Germania nazista e il Vaticano rifiutò quindi di sottoscrivere il concordato che Tiso, per rafforzare il regime, propose alla Santa Sede. Al Papa infatti non sfuggiva il fatto che la Slovacchia si trovasse in un evidente condizione di subalternità politica verso la Germania e che questa sarebbe potuta ben presto diventare anche ideologica.

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