Kenya, la tragedia dimenticata dei cristiani

La denuncia dei i volontari dell’associazione valsesiana «Un villaggio per amico»

Giuseppe Orrù

«Organizzazioni umanitarie e istituzioni non stanno facendo nulla per fermare il massacro dei cristiani in Kenya». E’ un grido di dolore inascoltato quello della gente di Isiolo, che vive nei villaggi dove si studia e ci si cura grazie alle missioni cristiane. Era il 30 dicembre quando tre missionari vercellesi rimasero coinvolti in un blitz di un commando somalo che uccise una decina di cristiani a Isiolo, in Kenya. Erano Siro Erbetta, Pierino Occelli e Lorena Musati, i volontari dell’associazione valsesiana «Un villaggio per amico», che da anni promuove lo sviluppo e sostiene  progetti per migliorare le condizioni di vita dei villaggi di Akadeli e Kambi ya juu, nel distretto di Isiolo, in Kenya. Sono rientrati in Italia determinati a denunciare i continui massacri di cristiani alla diplomazia e alle istituzioni.

A distanza di tre mesi «l’opinione pubblica deve sapere quello che sta succedendo – dice Marina Filippa, presidente dell’associazione “Un villaggio per amico”  -. Vorremmo che le grandi organizzazioni e i governi prendessero provvedimenti prima che un focolaio di violenza diventi una nuova guerra anche in questa zona dell’Africa».

Isiolo è una piccola città situata circa 300 chilometri a nord di Nairobi in un territorio prevalentemente desertico e sabbioso. Gli abitanti appartengono prevalentemente alle tribù meru, borana, turkana, samburu e somali; a livello religioso la città è divisa tra cristiani e musulmani. La maggior parte degli abitanti svolge lavori legati alla pastorizia e, a causa della grande siccità che affligge il territorio, sono obbligati a spostarsi continuamente alla ricerca di pascoli per gli animali.

«A causa di questo stile di vita – dice Filippa – le pratiche di banditismo e i furti di bestiame sono molto diffusi. I maggiori scontri avvengono tra le popolazioni Turkana  da una parte e quelle Borana e Somale dall’altra. Le tensioni politiche sono alte per via delle elezioni che si terranno a fine anno. Inoltre nei programmi di sviluppo del Kenya per il 2030, Isiolo è destinata a divenire una città di rilevante importanza. Questa prospettiva futura fa si che le varie tribù presenti all’interno della città si scontrino sia con la violenza , che con manovre politiche per rivendicare il possesso e la gestione del territorio».

Da ottobre si registra un drammatico incremento degli scontri tra le popolazioni. Il distretto di Isiolo è sempre stato ritenuto dal governo somalo una propaggine della Somalia, che da anni è straziata da guerre civili e in questi ultimi mesi migliaia di profughi sono giunti a Isiolo. Tra questi non mancano bande di terroristi armati che lasciano la Somalia per impossessarsi di nuove terre, trovando l’appoggio delle tribù Borana di religione musulmana. «Ovvia la scelta di cercare di sopraffare i Turkana – dice la volontaria – di religione cristiana, più deboli, poco armati per depredarli delle terre e farli fuggire. Molte persone sono state costrette ad abbandonare la loro casa, tante abitazioni sono state distrutte e molte persone sono state uccise negli ultimi sei mesi». Persino missioni cattoliche consolidate come quelle di Ngaremara, Camp-Garba e Kambi Ya Juu sono state colpite dall’ondata di violenza.

Il villaggio di Kamb Ya Juu è sicuramente stato il più compromesso a causa del duro attacco subito il 30 dicembre, che ha visto la tragica uccisione di uno dei membri della comunità cattolica, il catechista Andrea Ekai, e altre dieci persone. In quell’occasione sono stati coinvolti anche i volontari vercellesi in visita alla missione. «Abbiamo denunciato questi gravi fatti sia alle autorità politiche che ecclesiastiche, abbiamo sollecitato interventi volti al disarmo e al dialogo tra le etnie.

Purtroppo – dice la presidente del sodalizio – il governo sembra assente e sta facendo molto poco per gestire la situazione che sta diventando sempre più grave. I giovani sono la classe sociale più colpita perché non hanno prospettive lavorative certe e significative. Rimangono molto spesso coinvolti in traffici illegali di droghe e vengono corrotti con misere promesse».

Fonte: Vatican Insider.

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