La Cassazione e la rivoluzione culturale

Un importante approfondimento Il Presidente Luccioli lo aveva annunciato in un’intervista rilasciata a ridosso della sentenza che avrebbe portato alla morte di Eluana: un nuovo orizzonte normativo si andava delineando attraverso gli interventi della corte di cassazione. Come dire: la loi c’est moi. Ma non solo. Si intuiva, dalle parole del presidente della prima sezione della cassazione civile, che anche di un rinnovamento culturale si sarebbe trattato, capace di spazzare via i vecchi pregiudizi di una società obsoleta.
E rivoluzione è stata, con pochi fendenti ben assestati all’ordinamento e al senso comune.
Le tappe salienti di questo putsch in via giudiziaria si sono succedute puntualmente a partire dal caso Englaro, passando per la proposta eugenetica implicita nel riconoscimento del diritto al risarcimento del danno provocato dalla nascita di un bambino down, fino alla recente consacrazione, come luogo di sicuro valore educativo, della cosiddetta famiglia “omogenitoriale”. Peccato che in tutti questi casi l’ideologia non sia mai riuscita a trovare idonee stampelle né nella logica giuridica né in quella comune.
Nel primo caso è stata autorizzata, come è noto, la soppressione di un essere umano sul falso presupposto di un consenso ipotetico non ammesso dalla legge. Nel secondo è stato identificato il valore della vita umana con quello della vita “utile”, secondo il medesimo criterio adottato notoriamente dagli addetti allo smistamento dei prigionieri nei campi di sterminio. Nell’ultimo, si è predicato in poche battute l’annientamento della famiglia naturale attraverso la sua assimilazione alla convivenza omosessuale.
Il comune denominatore delle soluzioni adottate dal nostro giudice è l’attacco alla vita, sia nel suo valore individuale o oggettivo, sia nella sua possibilità di svilupparsi secondo natura, in un delirio di onnipotenza che certo non mancherà di manifestarsi ancora in forme inaspettate. Un attacco condotto attraverso l’abuso giuridico, la cui carica eversiva è stata inspiegabilmente sottovalutata non soltanto da una opinione pubblica distratta e mediaticamente fuorviata, ma anche da quanti avrebbero dovuto avere gli strumenti per comprenderne la portata e denunciarne gli esiti prevedibili. Primi tra tutti i giuristi, in fondo. Infatti, poichè l’abuso del diritto è stato spesso mimetizzato nelle pieghe di chilometriche motivazioni defatiganti e artatamente ridondanti, elusive e contraddittorie, alcuni commentatori sono caduti nella rete e si sono attardati a baloccarsi, come nel mito di Atalanta, con falsi problemi interpretativi. In altri si accasava indisturbata l’idea, non proprio vigorosa, che “così va il mondo” e che quella “è ormai la piega ineluttabile” presa dal custode della legge, che di questa si è fatto, evidentemente, despota assoluto.

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