La Laiga vuole discriminare i medici obiettori | UCCR

L’Italia è un paese straripante di bigotti e liberticidi, che sono rappresentati alla perfezione da quel 70% di ginecologi che non ne vogliono sapere di rispettare i sacrosanti diritti della donna, e osano dirsi “obiettori di coscienza” ovvero, scrive Carlo Flamigni, operatori dell’”imposizione di coscienza”, sabotatori di quella Legge 194 che rappresenta il più alto traguardo del riconoscimento dei diritti umani, con il sostegno della Cassazione che, sicuramente per una svista, ha recentemente ri-affermato «il diritto di rifiutare di determinare l’aborto, ma non di omettere di prestare assistenza prima o dopo».

La Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della Legge 194) si batte per trovare una soluzione a questa situazione iniqua, la presidente dell’associazione è Silvia Agatone ed è stata recentemente intervistata da MicroMega. Lasciate che abbandoni questo commovente eloquio e vediamo cos’ha da dire riguardo la situazione dei medici non obiettori.

La 194 conferisce alla donna la possibilità di richiedere un servizio e contestualmente consente al medico di sottrarvisi: un vicolo cieco (secondo l’intervistatore). Le soluzioni? Fondamentalmente due: offrire benefici ai non obiettori (anche se questa opzione risulta poco attuabile in tempi di crisi) o penalizzare gli obiettori. Sembra infatti che “i non obiettori che rimangono coerenti con il loro impegno civile e sociale” abbiano “una vita lavorativa sfibrata, stressante,” che subiscano “un feroce mobbing”, che abbiano una vita lavorativa molto più faticosa perché, quando viene fatta la diagnosi di malformazione di un feto in gravidanza, non lasciano la donna da sola. Molto interessante, davvero, soprattutto il fatto che la Agatone ci confermi che i medici abortisti subiscono il fenomeno detto burnout che sarebbe una “sindrome da stress legata ad alcune professioni dove si è sottoposti a forti pressioni emotive”: sembra vero, quindi, come suggerisce la Nuova Bussola Quotidiana, che sopprimere feti stressa, quindi occorre far riposare i medici. Sospettiamo che questo non succeda ad altri medici che si ritrovano quotidianamente ad asportare tumori o simili “grumi di cellule”.

Per quanto riguarda il resto, invece, altri testimoni (che magari non saranno attendibili quando la Agatone perché, si sa, gli obiettori non sono attendibili), ad esempio il dottor Gianluigi Parenti, intervistato per commentare gli eventi che hanno portato alla condanna di una dottoressa che si era rifiutata di assistere una donna che aveva abortito e che era a rischio di emorragia, conferma sì l’esistenza di un “carico di tensione notevole” per i non obiettori, ma che sarebbe lo stesso degli obiettori, sempre in bilico tra la scelta morale, il rischio di rimediare denunce in una “società abituata a pensare male di tutto e di tutti”, l’avere perennemente gli occhi puntati addosso perché, soprattutto per l’obiettore, non è difficile andare incontro a conseguenze penali.

La dottoressa Agatone propone, comunque, di rimediare all’obiezione facendo “pagare un prezzo” a chi decide di evitare di praticare aborti. Come? Sulla falsariga del servizio civile che, in tempi di leva obbligatoria, sostituiva la stessa per gli obiettori del servizio militare, e che poteva anche impegnare più tempo di quest’ultimo: “E allora che anche gli obiettori siano obbligati ad impegnare più tempo degli altri nel lavoro! Un lavoro naturalmente coerente con le loro idee. Come per esempio passare più tempo in ospedale o negli ambulatori sparsi sul territorio per la prevenzione delle gravidanze indesiderate.“

Come fa notare, ancora, la Nuova Bussola Quotidiana, il servizio civile non era una “punizione”, un “prezzo”, ma un modo diverso di onorare un dovere cui non ci si poteva sottrarre: quello di difendere la Patria, sancito dalla Costituzione. Cosa che non trova corrispondenza nella questione dell’obiezione di coscienza: il dovere di praticare aborti non grava sul singolo, ma sulla clinica. Inoltre risulta evidente che: “richiamare l’obiezione di coscienza alla leva è un autogol. Sia perché allora venne concessa per tutelare i convincimenti morali e religiosi dei privati cittadini così come avviene proprio per l’obiezione all’aborto. Sia perché la scomparsa (più correttamente: la sospensione) della leva obbligatoria e dunque della relativa obiezione stanno a dimostrare che per il nostro ordinamento quando c’è di mezzo il valore della vita nessuno, se non in alcuni casi, può essere costretto a levare la mano contro un altro . E se questo vale – in punta di diritto – per il nemico in guerra, cioè per l’ingiusto aggressore, a maggior ragione deve valere per il bambino innocente che è nel ventre della madre.”

La dottoressa Agatone, presidente della Laiga, si lamenta per il comportamento dei pro-life e delle forze politiche che combattono l’aborto: “potrebbero impegnarsi seriamente in tante altre battaglie, dice, “come la crisi alimentare, la crescente povertà, le guerre”, “sono pro life ma non li vedo altrettanto pervicacemente impegnati su questi terreni. Eppure sono tanti e potrebbero veramente fare molto”. Ne deduciamo che lei li conosca tutti uno per uno, oltre all’ovvia ed assente considerazione per il valore della vita dei più piccoli ed indifesi, che tanto sono solo “grumi di cellule”. Ribaltiamo la domanda: perché la dottoressa Agatone, piuttosto che impegnarsi a promuovere la soppressione dei neoconcepiti e ostacolare il diritto dei colleghi a non seguire il suo esempio, non si impegna lei stessa in queste battaglie?

Michele Silvi

Fonte: La Laiga vuole discriminare i medici obiettori | UCCR.

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