La legge e la fede

di Giorgio Bernardelli

1700 anni fa l’Editto di Milano apriva la strada alla libertà religiosa. Ma in tante parti del mondo la possibilità di professare il proprio credo è ancora una conquista giuridica da acquisire pienamente

La data sicura non la si conosce, ma lo si fa risalire al febbraio dell’anno 313 d.C. Ricorrono dunque proprio in queste settimane i 1700 anni dalla promulgazione dell’Editto di Milano, l’atto attraverso il quale l’imperatore romano Costantino poneva fine alle persecuzioni religiose che avevano colpito in maniera particolare i cristiani. Un fatto storico che l’arcidiocesi ambrosiana sta ricordando con una serie di iniziative che dureranno fino alla fine del 2013. Perché – come sottolineava il cardinale Angelo Scola nel suo discorso di sant’Ambrogio, nel dicembre scorso – da quel gesto emersero «per la prima volta nella storia le due dimensioni che oggi chiamiamo “libertà religiosa” e “laicità dello Stato”. Due aspetti decisivi per la buona organizzazione della società politica».A 1700 anni di distanza da quell’inizio, però, si tratta di un cammino che resta ancora incompiuto. Viene spontaneo, allora, chiedersi: come si configura oggi nel mondo il rapporto tra la libertà religiosa e le leggi degli Stati? Quali sono i Paesi dove la sua negazione sta ancora scritta nero su bianco nelle Costituzioni? E quali nuove forme giuridiche l’intolleranza religiosa conosce oggi?Al tema delle restrizioni legislative in materia religiosa ha dedicato recentemente un rapporto il Pew Research Center’s Forum on Religion & Public Life, uno dei più autorevoli centri studi mondiali sulle religioni. Oggi non esiste più l’ateismo di Stato (anche se il caso cinese rivela chiaramente come questo non significhi automaticamente rispetto della libertà religiosa). Ma sono comunque venti oggi nel mondo i Paesi in cui l’apostasia – l’abbandono di una religione per abbracciare un altro credo – è considerata un reato. Undici si trovano tra il Medio Oriente e il Nord Africa (Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Emirati Arabi Uniti e Yemen), cinque in Asia (Afghanistan, Iran, Malaysia, Maldive e Pakistan) e quattro nell’Africa sub-sahariana (Isole Comore, Mauritania, Nigeria e Somalia).

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