La lezione dei cristiani di Gaza per la pace in Medio Oriente – Vatican Insider

Padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, apre il Meeting di Rimini con la testimonianza di una “periferia”

GIACOMO GALEAZZI
CITTA’ DEL VATICANO

 

 

L’apertura del Meeting di Rimini è affidata al custode di Terra Santa. Padre Pierbattista Pizzaballa, presidente dell’associazione “pro Terra Sancta,” interviene domani all’inaugurazione della 35° edizione per parlare della crisi in Palestina e in Medio Oriente, ma specialmente di pace e dialogo. Il francescano, lo scorso maggio, ha accompagnato il Papa nel suo viaggio in Giordania, Palestina e Israele ed è stato uno dei protagonisti decisivi dell’incontro in Vaticano tra Francesco, Shimon Peres e Abu Mazen. E’ stato nominato Custode di Terra Sancta per la prima volta nel maggio del 2004 e riconfermato per la terza volta nel 2013 da Papa Francesco.

 

 

 

Da 10 anni svolge un compito delicatissimo in una terra che sembra non trovare mai pace. “Voglio credere che tutti i popoli, indistintamente, desiderino la pace- afferma padre Pizzaballa. Ogni uomo, per quanto viva nell’incertezza e nella precarietà, ha in sé la missione di aprirsi al futuro. E nel futuro che ci attende, gli uomini, tutti gli uomini di qualunque popolo, si ritroveranno sempre più con idee semplici, che appartengono a tutti”. In tutti i Paesi del Vicino Oriente nei quali la Custodia è presente, le comunità cristiane si trovano in uno stato di forte minoranza numerica (attualmente costituiscono meno del 2% della popolazione) rispetto ai musulmani o agli ebrei. Inoltre la particolare situazione politica creata dal conflitto arabo-israeliano ha prodotto e produce un consistente esodo della locale popolazione arabo-cristiana. Tutto questo genera problematiche non comuni, alle quali i Francescani cercano di rispondere concretamente nel migliore dei modi possibili, puntando ad avere sempre comunità cristiane qualificate e motivate.

 

 

 

La cosiddetta “opzione per i poveri” non si limita però ai cristiani: i Francescani sono da sempre impegnati a servire le fasce più povere della popolazione, senza distinzione di credo, fedeli alla condizione di missionari e di profeti di riconciliazione e di pace e allo stile semplice ed improntato al dialogo indicato da San Francesco. Sosteniamo queste due popolazioni per una vita migliore ed un futuro di pace per la Terra Santa. Mentre ancora oggi si cerca un accordo per il “cessate il fuoco” tra Israele e Hamas, la vita nella Striscia di Gaza è diventata insostenibile. Chiusi in una prigione a cielo aperto gli abitanti di Gaza hanno visto distruggere in pochi giorni gran parte delle strutture che lavorano con i giovani, con le famiglie ma anche con gli anziani e i disabili. Strutture che in questi anni hanno dato un filo di speranza e hanno aiutato diverse famiglie a credere in un futuro migliore per i loro figli. Inoltre una piccola minoranza di 1.300 cristiani vive attualmente nella Striscia di Gaza e la Parrocchia cattolica non arriva nemmeno a 200 membri.

 

 

 

Gli arabi cristiani  incontrano attualmente molte difficoltà nell’ambiente a maggioranza musulmana della Striscia di Gaza; come i cristiani palestinesi che vivono in Terra Santa non hanno una posizione facile nel conflitto: in quanto palestinesi subiscono le conseguenze dell’occupazione ovvero del blocco israeliano; in quanto cristiani vengono considerati aperti simpatizzanti dell’Occidente dal momento che non appartengono alla maggioranza musulmana. Infatti, ha sottolineato recentemente il custode di Terra Santa dialogando con i suoi confratelli di Assisi, “i grandi ideali di libertà, giustizia, fraternità, l’universale riconoscimento delle esigenze umane, hanno bisogno di ritrovare la propria freschezza e soprattutto le proprie radici divine, dando così ad ognuno e ad ogni popolo, la forza creatrice per costruire una società giusta, in cui è bello vivere insieme”. Quindi “ciò vale ancor più per la Terra Santa, culla dell’umanità, disperatamente lacerata nel suo irresistibile slancio verso la giustizia e nel bisogno reciproco di perdono: il cammino è ancora lungo e pieno di ostacoli di ogni genere e ad ogni livello. Ma in molte persone resta ancora il desiderio di voltare pagina”. Inoltre “pregare è stare di fronte a Dio, riconoscendo con onestà la verità su se stessi”. E, evidenzia il religioso,” questo atteggiamento di nuda verità con se stessi rende possibile vedere le cose come da un diverso punto di vista, scoprire nuovi orizzonti, ridimensionare i propri progetti o osare ciò che sembrava impossibile”. Tutte dinamiche che “fanno parte dell’accettazione di un dialogo nella verità e che la preghiera non tanto propone, quanto impone di vivere concretamente nel momento che accettiamo di dialogare con Dio e che non sempre rispettiamo quando dialoghiamo a tutti i livelli fra di noi”.

Fonte: La lezione dei cristiani di Gaza per la pace in Medio Oriente – Vatican Insider.

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