La morte di Osama Bin Laden: strepitoso successo di Obama, grave sconfitta per gli USA e per l’Occidente”-Parte Prima

di Andrea Tedesco

L’uccisione di Osama Bin Laden, presunto trionfo di Obama, che ha contribuito alla sua rielezione alla guida del paese, è stata in realtà una grave sconfitta degli USA alla luce delle scelte strategiche devastanti per gli interessi americani operate in politica estera da Obama, prima fra tutte la sua esplicita e spudorata promozione dell’islam radicale, nemico giurato dell’America e dell’Occidente.
Questa sconfitta è stata però fatta passare per il suo opposto grazie alla mistificazione della realtà attuata dalla sinistra e dai mass media, a conferma del ruolo estremamente pericoloso giocato dall’ideologia progressista e dai gestori dell’informazione in questo frangente storico.
Come emerge da un’analisi anche superficiale della gestione politica dell’eliminazione del leader Jihadista, Obama, infatti, avrebbe forse potuto sconfiggere definitivamente Al Qaeda, se fosse stato realmente consapevole della minaccia posta da quest’organizzazione alla sicurezza degli USA e avesse anteposto gli interessi del proprio paese a quelli elettorali. Obama decise di annunciare al mondo la sua presunta vittoria senza indugi perché fremeva dal desiderio di raccogliere consensi elettorali, incurante delle implicazioni della sua scelta per le sorti della guerra ad Al Qaeda.
Come evidenziato dalle critiche rivolte al presidente dagli stessi Navy Seals, dai vertici delle forze armate e dai responsabili della sicurezza, con il suo annuncio immediato, Obama mise in allerta la rete terroristica Jihadista.
La sua prematura rivelazione precluse la possibilità da parte della CIA, del Pentagono e tutte le organizzazioni governative coinvolte di utilizzare il preziosissimo bottino d’informazioni recuperato nel rifugio del capo di Al Qaeda per infliggere il colpo di grazia all’organizzazione terroristica islamica. Se la stampa non avesse impedito un dibattito neppure troppo approfondito intorno alle accuse dei militari, Obama, con ogni probabilità, non sarebbe stato rieletto.
Nonostante le ripetute esternazioni a conferma del contrario a uso e consumo degli elettori, Obama mostrò con i fatti, nello specifico attraverso la compromissione della potenziale vittoria definitiva sul nemico, di non percepire la gravità della minaccia di Al Qaeda.
Questo fatto, tutt’altro che sorprendente, è in linea con l’appartenenza di Obama a quella sezione dello spettro politico e culturale etichettabile come estrema sinistra, per sua natura anti-americana, anti-occidentale, anti-sionista, anti-cristiana, e convinta che, nella migliore delle ipotesi, l’attacco dell’11/09/2001 sia stato una reazione comprensibile all’imperialismo americano, nella peggiore un complotto di Bush.
In qualità di esponente di spicco di questa componente politica, Obama ha quindi sempre ritenuto di poter sconfiggere il terrorismo islamico non con la forza delle armi, ma con la rinuncia degli USA al ruolo di superpotenza militare e “sceriffo del mondo”, la profusione di scuse per l’inesistente passato coloniale, l’apertura all’islam, il dialogo incondizionato e la promozione dell’islamismo.
Se l’elettorato americano fosse stato a conoscenza dell’inquietante passato politico e culturale del candidato Obama, e del suo bagaglio di disprezzo viscerale e ideologico per l’America e i tradizionali valori di Dio, Famiglia e Patria che l’hanno resa grande, sarebbe forse riuscito a vedere oltre lo specchietto per le allodole del colore della pelle.
Il persistere oltre ogni limite ragionevole dell’enfasi da parte della sinistra sulle discriminazioni ai danni dei neri piuttosto che sui progressi compiuti nel loro affrancamento, aveva creato, infatti, un clima favorevole all’elezione di un presidente afro-americano a riscatto definitivo degli errori del passato.
I mass media, però, fin dall’inizio della campagna elettorale difesero a spada tratta Obama liquidando ogni legittimo dubbio sul suo passato come espressione di razzismo.
L’uccisione di Osama Bin Laden poté dunque contribuire alla rielezione di Obama grazie all’occultamento mediatico non solo di alcuni fatti scomodi che circondano il suo comportamento in quelle circostanze, ma anche e prima ancora, degli “scheletri radicali e rivoluzionari” nascosti nel suo “armadio culturale e politico”.
In ogni caso, limitandoci a considerare esclusivamente la morte di Osama Bin Laden come possibile fattore chiave nella rielezione, è più probabile che questo evento abbia riguadagnato al presidente voti soprattutto tra la maggioranza bianca, piuttosto che la minoranza nera, e guadagnato più probabilmente qualche consenso tra i repubblicani, piuttosto che i democratici.                                                                                              Non pochi, infatti, all’interno dell’elettorato democratico, che include la maggioranza degli afroamericani e rappresenta i sostenitori “tradizionali” di Obama, in realtà, dopo lo shock iniziale, si convinsero, come del resto il loro presidente, che l’attacco dell’11/09/2001 fosse una comprensibile reazione del Terzo Mondo alla politica estera degli USA.
Almeno costoro, da sostenitori “irriducibili” di Obama propensi a giustificare le azioni di Osama Bin Laden, avrebbero comunque con ogni probabilità riconfermato la preferenza a Obama, anche se non avesse ucciso lo sceicco saudita.
Chi non aveva espresso la sua preferenza per Obama, oppure, dopo averlo fatto, aveva forse notato con preoccupazione i suoi tentativi malcelati di trasformare l’America in un qualunque paese social-democratico a immagine delle democrazie europee, potrebbe però aver frainteso il senso della morte di Osama Bin Laden.
I voti conquistati, o riconquistati, da Obama è probabile che siano arrivati da chi non è riuscito a spingersi oltre la cortina di fumo mediatica generata intorno all’evento e a coglierne il significato di manovra puramente elettorale controproducente per la guerra al terrorismo islamico.
Infatti, la riduzione del nemico islamico a uno sparuto gruppo di fanatici che avrebbero scelto il metodo discutibile della violenza per esprimere le proprie legittime rivendicazioni ha consentito a Obama di creare con l’eliminazione di Osama Bin Laden un falso senso di sicurezza nel popolo americano.
Grazie a questa pericolosa semplificazione della natura e dell’entità del problema, Obama è riuscito anche a sdoganare l’islamismo dei Fratelli Musulmani spacciandoli per moderati, nel confronto con Al Qaeda, sulla base della loro apparente condanna del ricorso alla violenza come strumento di attuazione della Jihad.
In realtà, come ben sapeva il deposto dittatore Mubarak, il quale non per caso aveva trattato alla stregua di fuorilegge la Fratellanza impedendole di partecipare alle elezioni in Egitto, i Fratelli Musulmani sono notevolmente più pericolosi di Al Qaeda.
Questi islamisti, infatti, condividono con Al Qaeda e i Salafiti le mire espansionistiche di rifondazione del Califfato e d’islamizzazione globale, ma hanno fatto propria la subdola strategia impiegata a suo tempo dal Profeta e suggerita ai fedeli nel Corano.
Essi fingono cioè moderazione ed evitano il ricorso alla violenza solo se e quando in condizioni d’inferiorità, in modo da evitare il rischio di ritorsioni violente e agevolare la conquista del potere attraverso un processo di progressiva e graduale infiltrazione e persino eventuale partecipazione a elezioni democratiche.
In Egitto, i Fratelli Musulmani “prendono i due proverbiali piccioni con una fava” sfruttando a proprio vantaggio le violente scorribande dei Salafiti ai danni delle minoranze etniche e religiose o dei musulmani veramente moderati.
Da una parte essi lasciano ai Salafiti il compito di eliminare i potenziali nemici politici o incutere il terrore tra la popolazione, dall’altra condannano il loro operato di fronte ai giornalisti occidentali al fine di rendere più credibile la loro messa in scena agli occhi dell’ingenuo Occidente, spingendosi a volte fino al punto di arrestare i colpevoli di stupri o assalti alle Chiese per poi rilasciarli qualche giorno dopo.
Questa è proprio la strategia di basso profilo utilizzata nell’invasione islamica “moderata” dell’Occidente caratterizzata da un processo di “libanizzazione”, cioè di crescita a macchia di leopardo, cui si associa la fondazione di un numero crescente di moschee controllate dai Fratelli Musulmani.
Obama con il suo esplicito sostegno ai Fratelli Musulmani ha inaugurato in l’Egitto l’inizio della caduta di tutto il Medio Oriente nelle mani dell’islam radicale compromettendo la sicurezza non solo di Israele e dell’Europa, ma anche degli USA, sempre più infiltrati con il suo consenso e la sua connivenza da islamisti di ogni genere.
Fine parte prima

Fonte: La morte di Osama Bin Laden: strepitoso successo di Obama, grave sconfitta per gli USA e per l’Occidente”-Parte Prima.

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