La primavera araba non è per i cristiani

A un anno dall‘inizio della rivolta in Siria, l’Onu ha stimato 8.000 vittime, mentre Ong come ‘Human Rights Watch’ hanno lanciato l‘allarme per le mine antiuomo disseminate sulle strade verso il Libano: “La gente ha paura. Aumentano le famiglie, anche cristiane, che lasciano la Siria per il timore di un futuro incerto. Il costo della vita è salito e per molti la quotidianità diventa insostenibile; facciamo uno sforzo maggiore per il dialogo fra governo e opposizione. La comunità internazionale e i mass-media dovrebbero spingere di più per il dialogo. La gente teme il risultato politico dopo le sommosse. La situazione è complessa: c‘è il confronto fra le diverse componenti della popolazione siriana e ci sono le pressioni degli stati vicini. Noi cristiani speriamo che la popolazione siriana non soffra come quella irachena, martirizzata anche dopo la guerra. Quello che i cristiani temono è un vuoto di potere, che lasci spazio alle mafie, all‘ingiustizia, agli estremismi”. Così ha detto all‘Agenzia Fides, fra Romualdo Fernandez, direttore del Centro ecumenico di Tabbale e rettore del santuario dedicato alla Conversione di San Paolo, a Damasco.

ntanto il presidente del partito Kataeb ed ex presidente libanese Amine Gameyel è stato nelle scorse settimane a Roma, in cui è stato ricevuto al Quirinale dal presidente Giorgio Napolitano ed è intervenuto ad un incontro organizzato dall’istituto Luigi Sturzo ad intervenire sulla ‘Primavera araba’. Nell’occasione Gemayel ha parlato di quanto sta accadendo nel suo Paese: “Le forze di pace Onu in Libano (Unifil) resteranno dispiegate nel sud del Paese finché‚ non ci sarà un accordo credibile con gli israeliani, vale a dire a lungo. L’orizzonte della pace è ancora lontano: Israele non è pronto per un compromesso”.

Gemayel, che ha perso il fratello maggiore e un figlio a causa di attentati di matrice fondamentalista islamica, ha detto parole chiare a proposito delle forze vicine che da sempre condizionano la politica interna libanese: “Gli uomini di Hezbollah non entrino direttamente nella guerra in Siria perché in questo momento è necessario salvaguardare la convivenza pacifica dei libanesi e realizzare l’unità nazionale”. Riferendosi al ruolo di Hezbollah nella crisi siriana, Gemayel ha spiegato che le milizie sciite “sono alleate del regime siriano e del partito Baath e allo stesso tempo dell’Iran. Per questo sostengono il regime di Damasco e aiutano Bashar al-Assad a superare questa rivolta popolare. La nostra speranza è che Hezbollah mantenga un ruolo che salvaguardi anche gli interessi del Libano.

Noi, pur sostenendo i democratici siriani, non vogliamo coinvolgere il nostro Paese nei fatti di sangue che si registrano oltre il confine”. Il politico cristiano ha ricordato che il Libano “in passato ha vissuto situazioni difficili simili a quelle che si vedono in Siria. Nonostante quanto accada in questo Stato influisca non poco sul Libano noi cerchiamo di affrontare questa questione, così come quelle che hanno interessato in precedenza Tunisia, Egitto e Yemen, con saggezza, in modo da non minare la stabilità del nostro Paese che, in questa fase, rappresenta l’obiettivo dei popoli di tutta la regione medio orientale”. Infine  l’ex presidente ha concluso che, a seguito della Primavera araba, le persecuzioni nei confronti degli arabi di fede cristiana sono notevolmente aumentati e questo nella sostanziale indifferenza occidentale.

Fonte: Korazim.org.

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