LA RIMOZIONE DEL CROCIFISSO DALL’AULA MAGNA DELL’UNIVERSITA’ DI FIRENZE. UNA LETTERA APERTA AL MAGNIFICO RETTORE.

Pubblichiamo la lettera aperta ricevuta da alcuni amici fiorentini, scritta dal ricercatore universitario prof. Antonio Bellizzi. Inseriamo questo testo nella rubrica della “Settimana politica”, perché l’Autore dimostra, con dovizia e profondità di argomenti, come il Crocifisso sia un simbolo irrinunciabile della nostra civiltà e delle nostre radici, e come la sua esposizione rientri in una corretta e non faziosa applicazione del concetto di “Stato laico”. Proponiamo quindi questa lettera come approfondimento di grande utilità per chiunque intenda la politica come serio impegno di realizzazione del bene comune.

 

PD

 

rdc

 

 

 

Lettera aperta

 

al Rettore Magnifico dell’Università degli Studi di Firenze

 

Presidente del Senato Accademico

 

Chiar.mo Prof. Ing. Alberto Tesi

 

 

 

e p.c.

 

al Presidente della Scuola di Scienze politiche “Cesare Alfieri”

 

Chiar.mo Prof. Avv. Cecilia Corsi

 

Oggetto: richiesta di ripristino del Crocifisso nell’Aula Magna dell’Ateneo.

Motivazione : irriducibilità del Crocifisso a mero “simbolo confessionale” -compatibilità del Crocifisso con la laicità dello Stato quale simbolo della Civiltà della Persona implicante la sacralità del corpo delle persone: segno identitario tradizionale della Civiltà italiana all’origine dell’articolo 2 della Costituzione, valore supremo dell’ordinamento giuridico.

 

 

 

Ultimo degli ultimi dei ricercatori universitari dell’Ateneo, non posso esimermi dal cogliere preliminarmente l’attualità permanente dello “scandalo della Croce” (PAOLO, Galati 5.11) nella vicenda, apparentemente burocratica, della rimozione del Crocifisso dall’Aula Magna dell’Università di Firenze: l’immagine di un Giovane nudo di 33 anni torturato ed inchiodato con 3 chiodi rispettivamente sui polsi e sui piedi giunti, su due assi di legno incrociati e così messo a morte perché dava fastidio al potere religioso e politico del contesto in cui visse, circa duemila anni fa, evidentemente continua a dare fastidio.

 

Perché continua a dare fastidio?

 

Poiché mentre la più avanzata sensibilità giuridica coglie profili di rilevanza dei “diritti” degli animali, il Crocifisso ricorda che nonostante “le magnifiche sorti e progressive” della tecnica e di tutte le scienze della natura ,sociali ed umane, la Persona umana continua ad essere martoriata ed uccisa oltre che dalla furia della natura matrigna mai domata ,dai crimini dei propri simili e dalle ingiustizie spesso non meno efferate ma anche quantitativamente più devastanti degli ordini costituiti.

 

Poiché ricorda ai potenti veri e presunti di turno che si avvicendano come meteore nei vari angoli del “gran teatro del mondo”, credendosene il sale, ed a noi tutti, che nessun potere è definitivo, nemmeno quello su noi stessi, poiché tutti alla fine moriamo nudi come nudi siamo nati, riconfermando la lezione dei presocratici: “principio degli esseri è l’ infinito da cui trae origine tanto la loro genesi quanto il loro stesso perire secondo necessità: essi infatti scontano l’un l’altro la necessaria retribuzione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo” (ANASSIMANDRO. B Frammenti,1, in Simplicio ,De physica,24,13).

 

E’ normale che il Crocifisso infastidisca ricordando la fallacia di ogni “intellettualismo etico” (v., ex pluribus, M. NAUSSBAUM La fragilità del bene , Bologna, 1986), in virtu’ del quale basta “conoscere” per mettere in pratica il “bene” , quando invece la coerenza conseguenziale dei valori enunciati a parole nei fatti è la cosa più difficile per l’humana fragilitas, anche dei più dotti : “video meliora proboque, deteriora sequor” (OVIDIO in Metamorfosi VII , 20-21 cfr. EURIPIDE in Ippolito, Fedra).

 

E’ comprensibile che il Crocifisso dia fastidio per l’atrocità del supplizio storico che evoca , ovviamente ben più sconvolgente in realtà della sua più realistica rappresentazione della storia dell’arte: già CICERONE (106-43 a.C.) , da giurista ritenendolo incompatibile con lo status di cittadino romano, definendolo “il supplizio più crudele e più tetro” (Verr.2.5.165), ne era terrorizzato alla sola evocazione: “et nomen ipsum crucis absit non modo a corpore civium romanorum sed etiam a cogitatione oculis, auribus(…)sed etiam condicio, expectatio mentio ipsa denique indigna cive romano atque homine libero” (Orat.pro Rabirio perduellionis reo 16).E infatti il servile supplicium(Verr. 2.5.169) riguardava soltanto gli schiavi , gli stranieri ribelli e , sol in casi eccezionali, quei Romani che avessero perduto la dignità di cives. E SENECA (4 a.C-65 d.C.), il modernissimo inventore del linguaggio latino dell’interiorità (v. A. TRAINA  Lo stile «drammatico» del filosofo Seneca, Bologna, 1984), già si calava, al di là della barriera giuridica di status, nel dramma psicofisico di qualunque uomo, chiedendosi se non fosse preferibile il suicidio per chi sapesse di andar incontro al proprio strazio sull‘infelix lignum della croce (Ep.morales ad Lucilium 101.14), che fu provata da innumerevoli sventurati prima di Cristo e dopo, almeno fin a Costantino (per quel che valgono le datazioni storiche convenzionali): basti la menzione dell’esecuzione di massa di 6.000 sopravvissuti alla ribellione di Spartaco , crocifissi sulla via Appia tra Capua e Roma nel 71 a.C. (v.A.SCHIAVONE , Spartaco le armi e l’uomo, Torino 2011,p.106).

 

Ma, guarda caso, dalla massa di quegli sventurati crocifissi in carne, nervi ed ossa, proprio Uno, contemporaneo di Seneca , al momento del Suo massimo strazio elevò l’invocazione più rivoluzionaria poiché illogica per il raziocinio umano espressivo del naturale istinto di autoconservazione “Pater , remitte illis, quia nesciunt quid faciunt!” (GIOVANNI 23,34), superando la massima tensione logica del concetto di amore assoluto, che non solo -in negativo-niente chiede in cambio ma in positivo che per-dona chi gli sta togliendo  il bene massimo della vita e che, quindi, rovescia per sempre lo scenario della storia privando dello scettro definitivo della vittoria il più forte di turno.

 

Non c’è dunque da meravigliarsi della vicenda di rimozione di una rappresentazione lignea di quel Crocifisso vivente che tante volte storicamente si è ripetuta (e si ripeterà) in forma ben più grave (si pensi al saccheggio della Chiesa di Saint Sulpice a Parigi durante la Rivoluzione francese) poiché lo stesso Gesù durante l’ascesa della via Crucis al Calvario ebbe a dire “perché se trattano così il legno verde che avverrà del legno secco ?” (LUCA 23,28-31).

 

Ne consegue che questa vicenda apparentemente burocratica attinente alla rimozione di un oggetto simbolico in uno spazio delimitato – non importa rimosso da chi, giacché questi non agit sed agitur dallo scandalo della Croce più grande di chiunque-viene a costituire il ĸαιρός per richiamare l’attenzione della totalità dell’Universitas studentium – troppo spesso ridotta all’esilio della parola nella chiacchiera del nozionificio /esamificio  e di riunioni burocratiche o nell’urlo vuoto di protesta- alla rimozione di quel “legno verde” rappresentato dalla carne viva di tutti i brandelli di umanità crocifissa dal misterium iniquitatis nel mondo : l’umanità sofferente ed obliata nel buio delle mura domestiche o pubbliche, schiacciata da delitti orribili occulti od occultati nell’ingiustizia planetaria di violazioni sistematiche dei diritti dell’uomo che non trovino la combinazione internazionale d’interessi tali da determinare “interventi umanitari” e ignorati dai media poiché politicamente inopportuni (v. A. CASSESE ,Il sogno dei diritti umani, Milano  2008): l’umanità schiacciata dai cataclismi , crocifissa dalla nascita su una carrozzella o colpita da una sopraggiunta malattia incurabile durante o dopo una vita di successo , vinta dalle droghe, assorbita nell’anonimato statistico degli incidenti stradali e sul lavoro, etc….Di questa cifra oscura del pozzo di dolore della Storia , il Crocifisso è il simbolo corporeo della dignità della sofferenza di ognuna di queste persone individualmente considerate innalzate proprio nel momento della più letale sconfitta.

 

Gli antichi ed affascinanti dei greco-romani esprimevano, ognuno alla massima potenza, la forza fisica , sessuale, la bellezza , la sapienza etc., (v.,ex pluribus, M.POHLENZ L’uomo greco , Milano 2006 pp. 60; G.DUMEZIL  La religione romana arcaica ,Milano 2007 ) e molte persone effettivamente sono, in alcune fasi dell’arco vitale, forti, belle, sapienti etc., invece tutti purtroppo passiamo per la sofferenza corporea e la morte, minimo comun denominatore di tutte le persone di tutti i tempi, luoghi , religioni e per questo , piaccia o non piaccia-objective almeno in una fase (i più fortunati) della propria vita, tutti si trovano ad essere rappresentati dalla condizione corporea del Crocifisso al di là del fatto che –subjective-credano nella resurrezione, per il suo tramite, come i Cristiani. Ora, sotto questo profilo soggettivo che la fede nella dimensione trascendente della Croce e cioè il Cristianesimo cattolico, anglicano, riformato, ortodosso etc. , abbia presieduto al formarsi dello stesso concetto di “coscienza morale” ed al formarsi di uno “spirito europeo” nonché di una “civiltà occidentale” è tema sintetizzato magistralmente dal laicissimo Benedetto CROCE in uno scritto -troppo spesso citato senza essere letto- di cui si dovrebbe soppesare ogni singola parola, partorito dal filosofo liberale mentre furoreggiava la più grave guerra della Storia ossia la II° guerra mondiale e guerra civile europea tra gli opposti tragici totalitarismi e i difensori della Libertà (Perché non possiamo non dirci “cristiani”, in La Critica , 1942,fasc.VI , p.289 e ss., il cui valore, ex pluribus, è ora riconfermato da M. CACCIARI in Sussidiario.net , Cultura; cfr. anche A.J.TOYNBEE  Civiltà a paragone ,Milano 2012, VI Edizione , pag.316 e ss.). Preferisco però citare il giurista ebreo J.H.H. WEILER : “Un’Europa cristiana…è un Europa che rispetta egualmente in modo completo e tutti i suoi cittadini : credenti e laici, cristiani e non cristiani. E’ un’Europa che pur celebrando l’eredità nobile dell’illuminismo umanistico, abbandona la sua cristofobia e non ha paura né imbarazzo a riconoscere il Cristianesimo come uno degli elementi centrali nell’evolvere della sua Civiltà” (v. Un’Europa cristiana?. Un saggio esplorativo, Milano 2003, p.35-36). D’altra parte l’oggettiva appartenenza di Gesù Cristo al popolo ebraico costituisce in re ipsa l’assoluta incompatibilità del Cristianesimo con ogni forma di antisemitismo.

 

Costituisce quindi una pura “mitologia giuridica della modernità” (nel senso di Paolo GROSSI , Milano 2005) una concezione della “laicità” sradicata ed autoreferenziale che non tenga conto della Civiltà che l’ha prodotta e resa possibile, e ciò con tutte le sue contraddizioni, di cui dev’esserci consapevolezza critica ma scevra da strumentali manicheismi di certo integralismo laicista . Infatti non si può dimenticare che l’origine del concetto stesso di “laicità” è all’interno della bimillenaria dialettica ordinamentale della Chiesa tra ĸλῆρος (corpo separato) e ᾂγιος λαός τοῦ ϑɛοῦ (santo popolo di Dio), per cui λαιĸός è colui che appartiene al popolo. Inoltre lo stesso concetto di laicità dello Stato in senso moderno è il risultato dello svincolamento dai lacci della storia della stessa parola di Gesù originariamente ben chiara: “Reddite quae sunt Caesaris, Caesari et quae sunt Dei, Deo” (MATTEO 22,21); ovvero “Regnum meum non est de hoc mundo” (GIOVANNI 18,36). Diversamente, “l’ordinamento giuridico dell’Islam è parte integrante della religione islamica e di conseguenza non esiste autorità qualificata a modificarlo. E’ un diritto per ciò stesso sacro e immutabile. La superiorità dell’elemento confessionale su quello giuridico comporta la soggezione al diritto musulmano del credente in quanto tale, indipendentemente dalla sua appartenenza ad uno stato di tipo laico. Da qui anche la diversità più profonda del diritto islamico rispetto all’idea laica di tipo europeo del diritto come emanazione del potere sovrano: poiché il potere sovrano spetta a Dio viene meno anche ogni distinzione tra norme giuridiche e norme morali” (v.G.MORBIDELLI, in Prefazione a Sharîʿa e Costituzione di A. Predieri , Bari 2006 p.VI).

 

Tuttavia la mia breve riflessione è incentrata piuttosto sul profilo oggettivo del concetto stesso di corporeità umana rappresentata dal Crocifisso, che nessuna razionalità disincarnata può ridurre a mero “simbolo confessionale”. Infatti il Crocifisso, per la incontestabile universalità della condizione umana di sofferenza fisiopsichica, esprime l’alto valore laico della sacralità del corpo delle persone, assurgendo storicamente così a simbolo identitario di una Civiltà attributiva di dignità alla sofferenza umana ad alleviare la quale , nell’accezione più ampia e profonda , tutte le scienze son chiamate: il Crocifisso non è segno esoterico di un ĸλῆρος (corpo separato) bensì segno liberatorio essoterico di un λαός (popolo nel suo complesso) e come tale è altresì un simbolo intrinsecamente laico appunto antesignano di Democrazia e Libertà.

 

E infatti biblioteche di giuristi dimostrano che la “Persona umana”, quale valore normativo supremo dell’ordinamento giuridico italiano (art.2 Costituzione), immodificabile dalla legislazione europea , sarebbe ontologicamente impensabile senza che il valore religioso cristiano di “tutti gli uomini figli di Dio” avesse informato tale dialettica normativamente virtuosa del superamento della possibilità giusromanistica di persone oggetto di diritto (schiavi) per l’edificazione graduale della Persona umana come soggetto di diritto generale ed astratto (già per Severino Boezio la “Persona” è rationalis naturae individua substantia); e questa incontestabile genealogia del suddetto dato normativo dal dato religioso cristiano vichianamente “inveratosi” negli ordinamenti attraverso poi la faticosa Lotta per il diritto (R.von JHERING,Bari, 1935), non è minimamente inficiata da quanti- nelle contraddizioni , battute di arresto e regressioni dei coni d’ombra della storia- hanno nominato il nome di Dio invano abusando della Croce per nuovamente crocifiggere la Persona umana. Se non fosse esistito il senso dell’intima dignità della Persona ,ad esempio, dove avrebbe attinto la forza di reagire all’autista che le intimava di alzarsi dal posto riservato ai “bianchi”, la sera del 1 dicembre 1955, a Montgomery in Alabama, la dignitosissima sartina afro-americana Rosa Parks (the woman who didn’t stand up), la quale, facendosi arrestare, divenne la paladina dei diritti civili che iniziarono a prevalere sulla segregazione razziale con il Civil Rights Act del 1964?

 

Ecco dunque che la Grande Chambre della Corte europea dei Diritti dell’Uomo  con la Decisione n.234 del 18.3.2011 , ha stabilito che le Autorità italiane decidendo di mantenere il crocifisso nelle scuole pubbliche non violano l’art.2 protocollo n.1 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo . Del resto Il Consiglio di Stato italiano , con limpidezza adamantina che gli è consueta nel Parere 556 del 2006, così si espresso:

 

« in Italia, il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana. Questi valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i “Principi fondamentali” e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano.

 

Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell’origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo, l’autonomia (non la contrapposizione, sottesa a una interpretazione ideologica della laicità che non trova riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale) dell’ordine temporale rispetto all’ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica “laicità”, confacente al contesto culturale fatto proprio e manifestato dall’ordinamento fondamentale dello Stato italiano. »

 

In conclusione,:

 

« si deve pensare al crocifisso come ad un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato. Nel contesto culturale italiano, appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti, più di esso, a farlo. »

 

Ebbene i principi enunciati dal Consiglio di Stato supportano altresì la compatibilità del Crocifisso con “il carattere pluralistico, indipendente da ogni condizionamento religioso ed ideologico” ovviamente riconosciuto dell’art.1 dello Statuto del 6 aprile 2012 dell’Università degli Studi di Firenze, la quale peraltro -diversamente opinando-entrerebbe in contraddizione con la conservazione nel suo stemma del Re biblico Salomone-come notato in una dichiarazione al Corriere fiorentino del 15.5.2013 del Costituzionalista Prof. Simoncini. D’altra parte, per limitarsi ad un rapporto con lo stemma dell’Università di Oxford , forse qualcuno degli studenti e docenti di ogni credo o atei affluenti da ogni parte del mondo nella laicissima università inglese ha mai contestato il cristianamente esplicito motto dello stemma “Dominus illuminatio mea”? Come pure, tornando alla rimozione del Crocifisso dall’aula magna fiorentina , non risulta che tale simbolo della Civiltà della Persona sia mai stato oggetto di contestazioni accademiche , extra-accademiche ovvero di deliberazioni ad esso inerenti , da parte di organi collegiali in cui- su iniziativa di qualcuno – vi sia stato dibattito sull’argomento.

 

Tutto ciò premesso , la rimozione  del Crocifisso dall’Aula Magna dell’Ateneo di Firenze- e non di una qualunque città del mondo- assume un significato pregnante contestuale alla Tradizione specifica della città del Fiore per almeno tre ordini di motivazioni :

 

1)si tratta di una città che è, in gran parte, un magnifico corollario artistico della cultura cristiana che peraltro sorregge ancora l’economia cittadina con l’afflusso di turisti e relativo indotto (sia detto per inciso che molti di tali turisti spendono una moneta che reca l’iscrizione “in God we trust” senza che nessuno l’abbia ritenuta inficiare la laicità degli Stati Uniti d’America). La circostanza mi costringe a fare un ragionamento da studente delle scuole medie : proviamo ad immaginare Firenze senza alcuni soltanto dei corollari, letterari, istituzionali , architettonici del Crocifisso: la Divina Commedia del Ghibellin fuggiasco, l’Istituzione della Misericordia, la Cupola di Santa Maria del Fiore e il Campanile di Giotto, Santa Croce con le sue “urne de’ Forti” la maggior parte delle opere degli Uffizi e della Galleria Palatina etc. etc. Ebbene tutte queste realtà , prima ancora che esprimere una storia della letteratura , delle istituzioni, dell’arte etc. esprimono la Fede di una civitas – che dal basso delle sue botteghe artigiane fucine di geni, delle operose corporazioni , delle caritatevoli confraternite , dalla vanitas fattiva delle sue famiglie storiche -ha intessuto la Croce dei fiori eterni di una Civiltà che riscuotono proficua ammirazione di abitanti del pianeta di ogni fede e senza fede: nel luogo più solenne dell’Universitas Studentium a qual titolo dovrebbe essere assente il simbolo del Primum movens della Storia e dell’economia cittadina?

 

2) lo Studium generale -cui si pretende far risalire la Florentina Studiorum Universitas- nato nel 1321 per Deliberazione della Repubblica di Firenze ebbe però solo nel 1349 il “privilegio massimo” di conferire diplomi regolari da una Lettera apostolica di Clemente VI ossia di un successore di un certo Pietro che si era fatto crocifiggere dai suoi persecutori a testa in giù ritenendosi indegno di eguagliare nel martirio il divin Maestro crocifisso;

 

3) il Crocifisso assume un ulteriore significato simbolico specifico nella progressiva edificazione dello statuto di garanzia della Persona, proprio a Firenze capitale del primo stato del mondo, in cui il 30 novembre 1786 , recependo le note teorie di Pietro Verri e Cesare Beccaria, il trentanovenne Granduca Pietro Leopoldo antesignano dei principi di cui all’art.27 della vigente Costituzione, abolì la tortura e la pena di morte. In tal prospettiva, il Crocifisso tramanda alle future generazioni il monito della inammissibilità del supplizio, testimoniando però che esso è esistito e -in forme diverse dalla croce, dopo Costantino –  ha continuato ad esistere e purtroppo continua ad esistere  in modo occulto o palese, in tante parti del mondo , e che, per esempio, proprio a Firenze-come in altre città europee- proprio nel momento della massima celebrazione artistica , filosofica e letteraria dell’Umanesimo di quella “Primavera del Rinascimento” di cui vi è bella mostra in questi giorni a Palazzo Strozzi-venivano praticati dei supplizi non meno barbari della crocifissione (v.,ex pluribus, P. ROSSI, Guicciardini criminalista, Milano 1943 , pag.47, sulla contraddizione tra le pene efferate degli Statuti di Firenze del 1415 ed il coevo De hominis dignitate di Pico della Mirandola) . Il che val quanto dire che nessuna Cultura, per quanto alta , esime le Istituzioni che la rappresentano dalla vigilanza contro i rischi di regressione (v.A. TABUCCHI, prefazione ad A.Cassese op.cit.)nel rispetto della dignità della Persona che deve essere costantemente anche simbolicamente rappresentata.

 

Ecco allora l’opportunità di ascolto della lezione di vera laicità del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, il quale, ad Assisi, lo scorso 5 ottobre 2012- in questo periodo di crisi economica , morale e legale ,che diuturnamente investe il dibattito pubblico- ha saputo scrivere , insieme al Cardinal Ravasi , una pagina alta della Cultura italiana, in quel mirabile “dialogo tra credenti e non credenti” dedicato aI Dio ignoto (v.ora in Grandi Saggi- Corriere della Sera , Milano, 2013) sulla scorta della nota citazione dell’Apostolo delle Genti condotto dai filosofi all’Areopago: “Eppure Ateniesi …passando e vedendo i vostri monumenti ho trovato un ‘altare con l’iscrizione: “al Dio ignoto” “ (Atti degli Apostoli , Paolo, 17,23).

 

Auspico quindi che il Crocifisso, simbolo tradizionale della “Civiltà della Persona”, torni al suo silenzioso magistero nell’Aula Magna dell’Ateneo di Firenze.

 

Con ampio ossequio,

 

Antonio BELLIZZI

Fonte: LA SETTIMANA POLITICA – a cura di Mauro Faverzani e Paolo Deotto. Lunedì 3 giugno 2013.

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