La sfinge iraniana

Sussidi, paura, martirio e rivoluzione. Così la teocrazia di Teheran continua a essere vitale e letale. Anzitutto per i propri cittadini

L’Iran arranca sotto il peso delle sanzioni internazionali. Dall’inizio del 2011, il rial ha perso il sessanta per cento del suo valore rispetto al dollaro. Stanno aumentando i prezzi, anche se le merci fondamentali continuano a essere presenti. L’inflazione sta salendo alle stelle, con il prezzo del latte che è aumentato del cento per cento. Un chilo di manzo costa ventitre dollari. La produzione petrolifera è la più bassa di sempre: negli ultimi sei mesi si è passati da tre milioni e mezzo di barili al giorno agli attuali due milioni e settecentomila. Così, in un paese in cui il petrolio è chiamato “grande dono” (di Allah), si sente ripetere “siamo ricchi ma viviamo da miserabili”.

Eppure, nulla si muove in Iran. Ben Ali, Gheddafi, Mubarak, forse Assad. Ma Khamenei, la Guida Suprema, la sfinge persiana? Com’è possibile che il regime dei mullah resti in piedi, nonostante la repressione infinita, la paura, i ricatti, le mistificazioni, la violenza poliziesca e sociale sotto gli occhi di tutti? Come può sopravvivere un governo in cui chi commette il “lavat” (il reato di omosessualità) va alla forca? Come può continuare a essere popolare un regime che ha causato il più massiccio esodo di cervelli al mondo? Ogni anno trecentomila laureati iraniani se ne vanno. Un paese in cui le carceri sono piene e le esecuzioni hanno raggiunto livelli record. Un paese in cui gli adulteri vengono lapidati, i “blasfemi” impiccati agli alberi, i cortei degli oppositori dispersi a colpi di catene e le femministe, che si battono contro l’obbligo del velo, sfigurate con il rasoio.
La vitalità, la sopravvivenza e il vigore della Repubblica islamica dell’Iran ha numerose ragioni.

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