La trasformazione di un’intera società e la nostalgia dell’ordine

In un mondo che tende al disordine, l’unica ribellione possibile è quella di cercare l’ordine. Certo è una parola non più di moda. Ma il ribelle fa proprio questo: non segue le tendenze e affronta i percorsi scomodi.

Siamo nel mezzo di un cambiamento totale, ma ci vogliono convincere che non sia così. Quelli che desiderano imporci modelli diversi di vivere, fanno di tutto per sostenere che all’orizzonte si profilino solo piccole modifiche. Inezie, che non mutano nulla.
Eppure c’è il sospetto che le cose non stiano proprio in questo modo.
A forza di minuscoli cambiamenti, concessi per distrazione o superficialità, siamo arrivati ad una situazione in cui non sappiamo più orientarci. Tutto è discusso, tutto è discutibile, parametri fissi non ce ne sono, ognuno pretende il suo pezzo di diritto senza badare né alle conseguenze né al proprio vicino. Un vicino prossimo che, se è d’accordo tanto meglio per lui, e se non lo è può anche andarsi ad impiccare.
Di fronte all’entropia, molti, sempre di più, iniziano ad avere nostalgia di una parola che sembra antichissima. Ordine.

Fa quasi paura maneggiare questo termine, adesso. Un qualche condizionamento mediatico lo ha reso prossimo al totalitarismo. Invece fa riferimento ad un mondo semplice, composto di cose concrete e stabili, che parlano del “ritmo dell’uomo e delle stagioni”.
Voltandosi indietro, ognuno ha il suo ricordo di ordine. Spesso coincide con la tradizione che uno porta con sé, fatta di focolare, nonni, età della ribellione, età della “testa a posto”, orari di lavoro ben precisi, occupazione stabile. In quest’ordine si poteva costruire un futuro, partendo dalla stabilità dell’oggi.
E si poteva farlo perché c’erano regole rispettate da (quasi) tutti che assicuravano che le cose non sarebbero cambiate tanto in fretta. Un patto siglato oggi non rischiava di essere vanificato dal cambiamento di domani.
Ora, invece, una delle cose che è andata in frantumi negli ultimi anni, più che la cristianità, più che l’economia, più che la politica, è proprio questa idea di ordine. Non c’è più, perché tutto il mondo sembra concorrere verso il disordine.
Tanto che la vera ribellione, in un momento in cui tutti si ribellano, è proprio cercare quest’ordine. Non un nuovo ordine. Il ribelle, oggi, ha il compito di ritrovare, riscoprire proprio quel vecchio ordine che ha permesso alla società di arrivare fino a qui.

Dispiace, ma nel dibattito attuale i termini sono imposti dalla questione sulle nozze civili.
Una delle argomentazioni più persuasive della comunità gay è quella dell’innocua estensione di un diritto già esistente. La maggior parte dice: “Ma perché non volete che gli omo abbiano gli stessi diritti di sposarsi degli etero? Cosa vi cambia? Si tratta solo di permettere agli omo di fare ciò che già fanno gli etero…
Chi non è preparato, può trovare questo argomento molto convincente. Chi è preparato, invece, sa bene che non è solo questione di estendere o ridurre un vocetta sul manualone del diritto. C’è in gioco molto di più. In un
recente articolo di Marcello Barison sul Fatto Quotidiano, il “di più” è comunicato con chiarezza. Barison racconta di trovarsi in mezzo al Gay Pride di New York. Stupito da ciò che trova bello, scrive: “Non si tratta delle semplici rivendicazioni di un gruppo numericamente ristretto, ma della trasformazione di un’intera società tramite una lotta la cui genesi è solo accidentalmente minoritaria. È ciò che accade quando una minoranza diviene qualitativamente maggioritaria”.

Si tratta della trasformazione di un’intera società, è chiaro, anche se il contesto è carnevalesco. Non è una paroletta in più o in meno. È proprio una modifica sostanziale del nostro modo di vivere. Di fronte ad un cambiamento così radicale, non sarebbe meglio costruire un dibattito un po’ più onesto del “stai zitto, omofobo”?
Ma la seconda domanda è: si tratta di una vera trasformazione quella che parte dai pruriti sessuali? Va bene, rinunciamo a tutte le definizioni religiose sull’uomo. Facciamone a meno per un momento. Consideriamo ridicolo il respiro di Dio su Adamo e la componente divina nell’uomo. Da cosa partire per la prossima trasformazione? Dall’istinto sessuale che ci rende tutti uguali? Dal dato più grezzo e meno razionale dell’uomo?
Oltretutto, e Barison coglie bene la supponenza del movimento LGBT, è una minoranza che si sente “qualitativamente maggioritaria”. Ovvero migliore, più importante, così diversa in qualità da tutti gli altri da non voler nemmeno sostenere un dibattito. Così autoritaria da pretendere solo leggi che la soddisfino: o con la condanna di quelli che non sono d’accordo (gli “omofobi”) o che li autorizzi a fare ciò vogliono.

Non dimentichiamoci che si sta chiedendo la “revisione di tutta la società” a partire da una minoranza. Diversi mesi fa un articolo su Corrispondenza Romana metteva a nudo le cifre sul caso spagnolo e inglese. Appena lo 0,048% (Spagna) e lo 0,0641% (Inghilterra) dei gay si è sposato in questi anni, ma sarebbe il 2/3% ad averne diritto. Ma non solo. Recentemente ha fatto scalpore anche il primo “Salone del matrimonio gay” di Parigi. Erano attese 7.000 persone in due giorni, tutte col sogno d’amore di sposarsi, invece se ne sono presentate al massimo 150. Un fiasco totale. Un brutto, penoso, fiasco.
Fatemi capire: questa minoranza rifiuta di considerare la discesa in piazza di milioni persone (avranno qualche motivo, oppure son tutti pazzi?), dice che il mondo è con loro, vogliono riformare la società, e poi quando ne hanno l’occasione neanche si sprecano ad andare ad un Salone?
Ma allora, di che cosa stiamo parlando?
Sembra evidente che, almeno a Parigi, in Spagna e in Inghilterra, ai gay
non gliene frega niente di sposarsi. E chi spinge queste politiche, ha ben altro in mente: desidera solo destabilizzare un ordine precedente.

No, ecco. Mettiamo le cose al loro giusto posto. Non tutto quello che esiste è norma. Diventa norma quando è ordinato, non il contrario.
Alcuni hanno preso la democrazia per una sorta di sperimentazione sociale. Quando scatta una moda, allora bisogna modificare le leggi per tutti. Domani, quando sarà cambiata la moda, bisognerà modificare di nuovo le leggi e così via. Come se la società fosse un laboratorio in cui far le prove e l’umanità fosse una scatola per topi su cui fare gli esperimenti. E se scappa il virus?
Leggi così, che rappresentano solo minime fette di popolazione e che possono poi cambiare alla prima svolta, incoraggiano solo a fare una cosa. Ad uno scarso rispetto, proprio perché non rappresentano l’interesse generale. Incoraggiano l’obiezione perché tanto non fanno riferimento ad un ordine, ma al capriccio soggettivo di una moda.
E poi, dato il piano inclinato, chi assicura che domani non cambino di nuovo, allargandole a X e Y?
Per questo ci vuole ordine.
Certo ha un costo e ognuno di noi sa qual è. Ma è un patto, un’alleanza, utile all’educazione di se stessi e della società in cui si vive. Solo la Chiesa, bontà sua, oggi difende questo principio. Ed è per questo che la si vuole neutralizzare in tutti i modi.
Bisogna cambiare laddove serve, ma con ordine. Bisogna muoversi liberalmente, ma all’interno di regole.
È una battaglia che vale la pena di affrontare.
Per non trovarsi, alla fine, davanti al termine “irreversibile”, di fronte al quale non c’è più nulla da fare.

Davide Greco

Fonte: La trasformazione di un’intera società e la nostalgia dell’ordine | No Cristianofobia – Osservatorio sulla Cristianofobia nel mondo.

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