L’ABDICAZIONE DI BENEDETTO XVI: UN UNICUM NELLA STORIA

Difficile fare considerazioni in margine alle dimissioni (anzi sarebbe più corretto parlare di “abdicazione” essendo il Romano Pontefice un Monarca e non certo un Presidente democratico) di Benedetto XVI. Mi limiterò pertanto ad una breve panoramica dei sei pontefici che nella storia hanno rinunciato alla proprio incarico, al fine di evidenziare che in tutte le circostanze ci furono gravissimi motivi che – a quanto pare – non sono riscontrabili nel “caso Benedetto XVI”. A conclusione citerò un brano tratto da un ottimo articolo comparso sul sito web della rivista “Sodalitium”.

I primi due papi a dimettersi furono Papa Clemente I e Papa Ponziano, regnanti, rispettivamente, nel I e nel III secolo. Entrambi si dimisero perché, nel corso delle persecuzioni anticristiane portate avanti nell’Impero Romano, erano stati fatti prigionieri. Entrambi morirono martiri.

Il terzo fu Papa Silverio (VI secolo) vittima di un complotto ordito dall’imperatrice Teodora, fu costretto alle dimissioni e finì la propria vita prigioniero sull’isola di Palmarola.

Il quarto fu Benedetto IX, personaggio la cui storia è parzialmente avvolta dal mistero, che – addirittura – si dimise e fu rieletto Papa per tre volte, risultando essere il 145°, 147° e 150° papa della Chiesa, in un periodo di grandi turbolenze, immoralità diffusa e lotte armate che sconvolsero la città di Roma.

Il quinto papa fu Celestino V, Papa per meno di sei mesi nell’anno 1294, che Dante Alighieri pone nel suo Inferno ma che la Chiesa cattolica venera come Santo (e dunque la sua anima si trova attualmente in Paradiso e gode della visione beatifica). La sua storia è nota, da povero eremita fu eletto papa, ma dopo pochi mesi preferì tornare al suo romitaggio.

Il sesto, ed ultimo fino a due giorni fa, papa ad essersi dimesso fu papa Gregorio XII (in carica dal 1406 al 1415), dimessosi per porre fine allo scisma d’Occidente ed alla linea degli antipapi avignonesi.

Come si vede dunque, mai nessun Papa, prima dei fatti di ieri, si era dimesso semplicemente per “ingravescentem aetatem”.

A commento di ciò, riporto le ottime considerazioni del citato sito Sodalitium[1]:

[…] La rinuncia al Sommo Pontificato è prevista – come possibilità – dal canone 221 del codice di diritto canonico promulgato da Benedetto XV, per cui, di per sé, una decisione di questo genere non altera la divina costituzione della Chiesa, pur ponendo delle gravissime difficoltà di ordine pratico. È ben noto perciò che le rare rinunzie del passato avvennero in circostanze di particolare gravità nella storia della Chiesa, per cui il gesto compiuto oggi da Benedetto XVI non può essere paragonato a quelli del passato.

Si tratta invece – come lo suggeriscono le parole stesse adoperate, ingravescentem aetatem – della volontà di applicare anche all’ufficio papale quanto già il Vaticano II (col decreto “Christus Dominus”) e Paolo VI (Motu proprio “Ecclesiae Sancta”e del 6 agosto 1966; Motu proprio “Ingravescentem aetatem” del 21 novembre 1970) avevano deciso per i Parroci, i Vescovi e i Cardinali (dimissioni al compimento dei 75 anni; esclusione dal Conclave al compimento degli ottant’anni per i Cardinali).

Quelle decisioni conciliari e montiniane non avevano solo lo scopo pastorale dichiarato di evitare di avere pastori inabili al ministero per l’età avanzata (e quello non dichiarato di allontanare eventuali oppositori alle riforme), ma quello di trasformare – almeno di fatto e agli occhi del mondo – una sacra gerarchia in un amministrazione burocratica simile alle amministrazioni di governo dei moderni stati democratici, o ai ministeri pastorali sinodali delle sette protestanti. Oggi Joseph Ratzinger porta a compimento la riforma conciliare applicando anche alla sacra dignità del Sommo Pontificato le moderne categorie mondane e secolari di cui sopra, equiparando anche in ciò il Papato Romano all’episcopato subalterno. E’ molto probabile che l’odierna decisione, infatti, diventi come moralmente obbligatoria per i successori, facendo del Papato un incarico “a tempo” e provvisorio di presidente del collegio episcopale o, perché no, del concilio ecumenico delle chiese.

All’inizio del suo “pontificato”, Benedetto XVI insistette infatti sull’aspetto collegiale dell’autorità della Chiesa: il Vescovo di Roma è il presidente del collegio episcopale, un Vescovo tra i Vescovi; al termine del suo “governo”, Joseph Ratzinger ha voluto presentare – come un qualsiasi vescovo conciliare – le sue dimissioni. […].

Pierfrancesco Palmisano

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