Le minoranze cristiane nel mondo arabo

di Andrea Virga

In tutto il mondo, nella generale indifferenza dei media, i cristiani sono perseguitati a decine di milioni. Secondo le stime di Massimo Introvigne, sociologo delle religioni, i morti ammonterebbero a 100.000 ogni anno – una cifra molto elevata, anche se minima rispetto al numero totale dei cristiani – in massima parte in Africa e in Asia. Questo articolo si concentrerà sul mondo arabo, ossia quella parte del Medio Oriente dove il cristianesimo è nato e si è inizialmente diffuso, e ancora oggi vi si trovano tre dei cinque Patriarcati storici. Quest’area, caduta poco tempo prima della nascita di Cristo sotto il dominio dell’Impero Romano, nei primi secoli del cristianesimo fu particolarmente vivace dal punto di vista dell’elaborazione teologica (anche eretica) e dottrinale, nonché per via della prima grande ondata di evangelizzazione verso l’Africa e l’Asia.

La regione fu conquistata nel giro di pochi anni dalle tribù arabe convertite all’Islam, durante la prima metà del VII secolo. I musulmani si erano subito inciviliti, al contatto con la prospera ma decadente civiltà tardo-antica, erede delle antichissime civiltà della Mezzaluna Fertile, dando origine a una nuova civiltà, estesa dalla Spagna all’Asia Centrale, dominata dalla lingua araba e dalla religione e dalla legge islamica, non senza importanti differenze regionali. Tra l’Islam e l’Europa s’intrecciò uno stretto rapporto dialettico fatto di guerre, commercio e scambi culturali, che continuò anche durante e dopo il periodo delle Crociate. Nonostante queste, nel II millennio, l’area cadde sotto la dominazione turca, prima selgiuchide e poi ottomana.
Al di là delle rappresentazioni oleografiche e retoriche della propaganda neocon sullo “scontro di civiltà”, le minoranze cristiane per lunghissimo tempo sono sopravvissute e hanno prosperato sotto la dominazione musulmana. Sicuramente ci furono numerose conversioni dovute non solo alla pressione sociale, ma anche al fatto che moltissimi cristiani della regione, all’epoca della conquista islamica, erano eretici miafisiti, in rotta politica e religiosa con Constantinopoli. Un’eccezione importante è il Maghreb, dove a causa dell’opera delle dinastie berbere degli Almohadi e degli Almoravidi, il cristianesimo finì per estinguersi nel XV secolo, prima di esservi riportato dai colonizzatori. Come non di rado accade per le minoranze etnoreligiose, i cristiani – in maniera analoga agli Ebrei dell’Europa centro-orientale – diventarono molto attivi in ambito economico, culturale e politico. In particolare, intellettuali cristiani come Michel Aflaq ebbero un ruolo fondamentale nel risveglio nazionale arabo (al-Nahda) avvenuto a partire dalla prima metà del XX secolo. Questa preminenza sociale comportò un minore aumento demografico, che portò quindi, sul lungo termine, alla diminuzione in termini relativi.
Tuttavia, con l’età moderna e contemporanea si riaccesero le persecuzioni, dapprima ad opera dei nazionalisti turchi: le minoranze cristiane dell’Impero Ottomano – Armeni, Greci, Assiri – furono massacrate o costrette all’esilio a milioni. Il nazionalismo arabo, da parte sua, portò maggior laicità e tolleranza religiosa, ma represse le identità particolari ed espropriò parte delle ricchezze delle borghesie cristiane. La situazione si aggravò poi con l’espansione del fondamentalismo islamico, fomentato dalla preminenza accordata alla casa reale saudita, aderente al wahabismo, da parte dell’Impero Britannico. Furono però i cristiani ad essere falsamente accusati di collaborazionismo con le potenze coloniali da parte dei demagoghi fondamentalisti. In questo contesto, centinaia di migliaia di cristiani emigrarono altrove, specialmente nel Nuovo Mondo (Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, Venezuela, ecc.). Gli ultimi dieci anni di guerre imperialiste nel Medio Oriente hanno pregiudicato ulteriormente la presenza cristiana nella regione, nella quasi totale indifferenza dei media occidentali.
Vediamo ora la situazione nei dettagli, con qualche dato in più, concentrandoci sui Paesi arabi della Mezzaluna Fertile. L’Egitto resta il Paese con la più numerosa comunità cristiana, in maggioranza copta monofisita, che ancora oggi ammonta al 10%, anche se le stime spaziano tra 6 e 12 milioni di persone. Fino agli anni ’50, pur essendo non più di un quinto della popolazione egiziana, controllavano la metà delle ricchezze del Paese. Nell’ultimo decennio sono stati vittima di diversi attentati, correlati all’avanzata degli islamisti, oggi al potere con i Fratelli Musulmani.
In Palestina, a causa dell’aumento demografico islamico e dell’occupazione sionista, i cristiani (per metà melchiti ortodossi, ma sono numerosi anche i cattolici di rito orientale) sono diminuiti dal 9,5% del 1922 all’attuale 3% (6% della popolazione araba), ossia circa 300.000. Hanno sempre partecipato alla lotta per la libertà del popolo palestinese con esponenti come l’Arcivescovo melchita Hilarion Capucci e il fondatore del FPLP George Habbash, e sono ora stretti nella morsa tra il fondamentalismo giudaico e quello islamico. Nella vicina Giordania, sotto la tutela della monarchia hascemita, i cristiani (dal 3 al 6% della popolazione) sono bene integrati sia socialmente e politicamente, con ampia libertà di culto, anche pubblica, e 9 posti (su 110) riservati in Parlamento.
Anche in Libano, storicamente roccaforte cristiana (84% della popolazione nel 1926), ora i cristiani (in maggioranza cattolici maroniti) sarebbero diventati minoranza relativa, specie dopo l’emigrazione dovuta alla cruenta guerra civile degli ultimi 30 anni. Tuttavia, conservano un grande peso politico, poiché detengono la Presidenza della Repubblica, il comando supremo delle forze armate e la presidenza della Banca Centrale. Sono ben rappresentati in entrambi gli schieramenti politici, grazie all’alleanza tra il Movimento Libero Patriottico del Generale Michel Aoun e gli sciiti di Hezbollah.
Nella laica Siria baathista, i cristiani (ortodossi, cattolici, armeni) rappresentano il 10% della popolazione (circa 2,5 milioni) e sono pienamente integrati nello Stato e nella società siriana. Dispongono comunque di tribunali particolari, basati sul diritto canonico, per il diritto di famiglia. Attualmente, il loro appoggio senza riserve va al Presidente Assad, dato che i ribelli islamisti, i quali hanno compiuto più volte crimini e aggressioni nei confronti della minoranza cristiana. D’altronde, è ben presente ciò che è successo in Iraq, dopo il rovesciamento del regime di Saddam Hussein: da 1,5 milioni che erano nel 2003 (5% della popolazione), si sono ridotti a 400.000 (in maggioranza assiri), a causa delle persecuzioni islamiste.
A tirare le somme, si può dire che il presente e il futuro dei cristiani mediorientali non sono legati all’Occidente o alle sue ingerenze “umanitarie”, quanto alla formazione di Stati nazionali arabi laici e sovrani, rispettosi delle minoranze. Solo in questo contesto sociopolitico, le comunità cristiane potranno fiorire e prosperare in pace con i propri compatrioti musulmani. È perciò evidente che gli elementi di destabilizzazione della regione – processo del tutto congeniale alle ambizioni di dominio imperialista euroamericano –, ossia il sionismo e l’islamismo, siano i principali nemici del cristianesimo arabo.
Questo è il quadro generale, su cui conviene discutere, informare ed agire, affinché la presenza cristiana non sia cancellata dalle terre che hanno visto nascere la nostra fede, nonostante le potenze mondane dell’Occidente sembrino, nel migliore dei casi, disinteressarsi della questione. In finale, mi permetto quindi di segnalare il convegno, organizzato dall’associazione Millennium, che si terrà su questo tema presso la Biblioteca Comunale di Montoro Superiore (AV), il 21 marzo 2013 alle ore 18.00.

Fonte: Le minoranze cristiane nel mondo arabo ~ CampariedeMaistre.

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