LETTURE/ Algeria anni 90, così una democrazia “laica” diventa fondamentalista

giovedì 27 dicembre 2012

Molti hanno lasciato l’Algeria per dirigersi in Francia, poi in Italia, ed è innegabile che alcuni immigrati abbiano un problema nell’affrontare il loro passato, nel parlarne senza tabù. Capita di chiedere lumi sui fatti di sangue degli anni Novanta e la risposta è spesso evanescente o condita da comprensibile rabbia. Ma come soluzione, la rabbia pura e semplice, non è più sostenibile. Ecco perché si può attribuire a questo ultimo lavoro di Souad Sbai (Le Ombre di Algeri, Armando Curcio Editore) una doppia valenza: la prima, rivolta a noi italiani autoctoni, è quella di mostrarci in modo oggettivo, documentato, quasi documentaristico alcuni avvenimenti dell’Algeria post-coloniale. La seconda è la forza di impatto che questo libro può avere sugli algerini: tanto che il principale quotidiano del Paese, Le Soir d’Algerie, ne ha prontamente segnalato l’uscita.

“Se parli, muori; se non parli, muori. Allora parla e muori”. Questa frase – figlia del periodo in cui i fatti sono accaduti – apre il racconto. È la verità-provocazione di un giornalista algerino ucciso nel ’93 perché denunciava la barbarie e l’ambiguità del nazionalismo politico e religioso della “democrazia” algerina. Souad Sbai parte da questa citazione per risvegliare ciò che è stato sepolto nella violenza.

Sfogliando Le Ombre di Algeri si capisce che c’è stato un ante, da cui non si può prescindere per decrittare le cronache nordafricane che ci riguardano da vicino. È necessario ripartire dagli anni 90. Tutto è cominciato lì.

Cliccare sul link per continuare a leggere: LETTURE/ Algeria anni 90, così una democrazia “laica” diventa fondamentalista.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Africa e Medio Oriente. Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.