LETTURE – Brian Moore e la lezione di quei “Cattolici” rimasti soli

LETTURE/ Brian Moore e la lezione di quei Cattolici rimasti soliRedazione Carmelo Greco,

«La nebbia si era alzata. L’isola era laggiù. Lo straniero camminò fino all’estremità del pontile abbandonato e la vide distante tre miglia di oceano, galleggiante nel mare come una barca di pescatori rovesciata. Il sole del mattino lambiva la sagoma di una montagna, al di sopra di vallate nere come i fianchi incatramati di una barca». Nell’incipit di Cattolici, Brian Moore (Belfast, 1921 – Malibù, 1999) ripete due volte la metafora della barca, complice certo l’ambientazione ma anche il forte richiamo alla Chiesa, “navicella” di cui Cristo è il nocchiero in tanta iconografia classica. Perché la Chiesa è la vera protagonista di questo breve romanzo che l’editore torinese Lindau ripropone a 40 anni dall’uscita in lingua inglese e a 50 dall’apertura dei lavori del Concilio Vaticano II.

Moore non è il solo a prendere spunto dai cambiamenti introdotti dal Concilio per poi inoltrarsi nel racconto profetico sulle sorti del cattolicesimo di fine millennio. Nel 1974, due anni dopo l’uscita di Catholics, Adelphi dà alle stampe Roma senza papa di Guido Morselli (Bologna, 1912 – Varese, 1973), scritto nella seconda metà degli anni Sessanta e pubblicato postumo. Il romanzo di Morselli, come quello di Moore, immagina che cosa avverrà in Vaticano e in tutto il mondo cattolico in un futuro non tanto lontano. Entrambe le opere hanno in comune alcune suggestioni, come la «compenetrazione tra la fede cristiana e la fede buddhista», si legge in Cattolici, e lo stravolgimento che l’incontro/scontro con la modernità comporterà nella pratica dei fedeli.

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