L’imam egiziano: dobbiamo scrivere una «carta» del rispetto | Chiesa | www.avvenire.it

Sorprende i cristiani perché, lui musulmano, è il traduttore di don Giussani nella lingua araba, ma l’interesse con cui segue le vicende della Chiesa non stupisce i suoi connazionali, perché Abdel Fattah Hassan è un imam e il dialogo con chi crede in un altro Dio è uno degli interessi prioritari di un leader religioso e politico. L’islam è quest’unità di fede e vita civile e quando Abdel Fattah dice di condividere «pienamente» l’appello del Papa e che «l’Egitto è un modello di come dovrebbero essere organizzati i rapporti tra le religioni» il suo non è solo il giudizio dell’intellettuale – è ordinario di letteratura italiana all’università Ain Shams del Cairo – ma anche di uno dei leader dei Fratelli Musulmani, impegnati, ci spiega, a «gettare ponti».

Il Papa lancia un messaggio di pace al Medio Oriente, a undici anni dalle Torri Gemelle. Come lo valuta?
La sua visita è importante perché il Libano è un simbolo di convivenza, un mosaico di maroniti, cristiani, sciiti, sunniti… una lezione da assimilare e che sorprende sempre. È nei momenti di passaggio come questo che deve risuonare la voce dei leader e l’appello del Papa contiene gli stessi concetti dell’intervento del presidente Morsi al Quirinale. Parole che rispondono a un bisogno: dopo l’11 settembre abbiamo più profughi e più tiranni, meno rispetto dei sentimenti religiosi, un groviglio che si è iniziato a districare con la primavera araba, ma c’è ancora molto da fare.

Benedetto XVI dice di aver colto durante la sua visita apostolica un «forte segno di speranza». Lo condivide?
Lo condivido pienamente. Dal suolo libanese il Papa ha visto con suoi occhi l’esempio concreto della pace costruita con tutti i colori dell’arcobaleno. Sappiamo che non tutti i Paesi sono in queste condizioni, che molti si stanno liberando solo ora dal giogo della tirannia, ma il futuro sarà sensibilmente migliore del passato.

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