L’incompiuta: l’inverno islamico della primavera araba – Asia News

di Samir Khalil Samir

A quasi due anni dalla rivolta delle piazze arabe, il Medio Oriente si ritrova più islamista e più violento. Eppure i giovani avevano combattuto per una maggiore dignità e libertà. È un lavoro compiuto a metà: ci si è liberati dai dittatori, ma non si è ancora costruita la democrazia. Il grande islamologo Samir Khalil Samir offre la sua visione (Prima Parte)

Beirut (AsiaNews) – C’è tristezza in Medio Oriente per il decorso della primavera araba. L’immagine più significativa è quella dei giovani che in questi giorni assediano in modo pacifico il palazzo presidenziale di Mohamed Morsi a Heliopolis.

Dopo quasi due anni siamo ancora al punto di partenza, davanti a un nuovo tentativo di dittatura. Sembra proprio che la primavera araba sia spazzata via. In più vi è un viraggio sempre più chiaro verso l’islamismo. Questo è evidente al Cairo, ma anche in Tunisi, Libia o in Siria.

La primavera araba: pane, lavoro e dignità!

La primavera araba è stata la prima ribellione contro regimi che nati da una rivoluzione militare, sono via via scivolati verso la dittatura. I movimenti di protesta emersi in questi due anni sono un segno che fra gli arabi c’è una coscienza che dice: Non ne possiamo più, e la forza è stata tale da rovesciare queste dittature. Era una protesta improvvisata, contro la povertà e la disoccupazione, e per più libertà e dignità.

Ma questa è la parte destruens, distruttiva, riuscita, sostenuta da una volontà di cambiare questi Paesi. Adesso però viene la parte costruttiva, basandosi sulle capacità di costruire una società migliore e democratica.

•A. Egitto, i “Fratelli Musulmani” e il fondamentalismo sunnita

Ma edificare un sistema democratico sembra quasi impossibile: da almeno 3 generazioni non conosciamo cosa sia la democrazia. In Egitto, fino al 1952 vi è stata una monarchia debole che aveva delegato il potere alla Gran Bretagna. Vi era sì una forma di democrazia, ma dei ricchi e dei benestanti, che non affrontava la questione sociale.

Il successo di Abdel Nasser è stato proprio questo: di aver fatto una rivoluzione sociale. Presto però, siamo passati a un sistema autoritario sotto Nasser, sempre più dittatoriale fino a Moubarak: più di 60 anni in cui la gente ha imparato solo ad obbedire, a non pensare ad alcun cambiamento. Talvolta il governo ha osato fare qualche riforma più o meno buona. Questo è successo in Egitto, Tunisia, Iraq, Siria. Perciò non sappiamo che cosa significa un regime democratico, e non s’impara in due anni!

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