Macché Califfo. Per Amnesty il pericolo è l’omofobia | La Nuova Bussola Quotidiana

di Luigi Santambrogio –  15-10-2014

«Aprite il vostro giornale, qualsiasi giorno della settimana, e troverete il resoconto da qualche parte nel mondo di qualcuno che è stato imprigionato, torturato o giustiziato perché le sue opinioni o la sua religione erano inaccettabili per il suo governo. Il lettore del quotidiano si sente un nauseabondo senso di impotenza. Se questo senso di disgusto in tutto il mondo potesse unirsi in una comune azione, qualcosa di efficace potrebbe venire fatto». Così scriveva Peter Benenson, il ricco ebreo londinese convertitosi al cattolicesimo che trasformò quel senso di impotenza in impegno globale per la difesa dei diritti umani. Così nacque Amnesty International, l’organizzazione oggi celebrata in tutto il mondo per le sue giuste e nobili cause. Ma se Benenson potesse aprire ancora per un giorno i nostri giornali, che ci troverebbe? I tagliagole islamici del Califfato al lavoro in diretta streaming, l’assedio alle città curde, le persecuzioni dei cristiani in Medio Oriente e Asia, le violenze tribali dell’Africa, le guerre per il petrolio e il possesso delle risorse minerarie, le stragi di Boko Haran in Nigeria, la guerra tra Russia e Ucraina, le dittature comuniste, da Cuba, alla Corea del Nord alla Cina. Insomma, ne avrebbe ancora per dichiarare non esaurita la missione della sua benemerita organizzazione. Ma se potesse tornare oggi, il cattolico Benenson forse si vergognerebbe per lo scempio di quelle nobili cause da parte degli eredi e auto-processerebbe per aver creato un mostro. Di certo, si rifiuterebbe di firmare con il logo della candela avvolta dal filo spinato, la guida “Scuole attive contro l’omofobia e la transfobia in Italia”, distribuita da Amnesty International e indirizzata ai docenti delle scuole secondarie. Un mostro, appunto, nato dal pensiero gay e gender.

Già, con tutto quello che capita oggi del mondo, la ong trova urgentissimo occuparsi di omo e trans fobia in Italia dove «la condizione delle persone Lgbt non ha conosciuto nessun miglioramento di rilievo negli ultimi anni, in cui si sono invece intensificati attacchi verbali e fisici di carattere omofobico». Ecco spiegato perché i gendarmi dei Diritti universali si sono sentiti in dovere di intervenire con un pamphlet che testimonia il grado di tragica involuzione cui è giunta Amnesty. A cominciare dall’avvertenza iniziale, in cui si chiede scusa se «nel testo sono a volte utilizzati termini come “studenti”, “ragazzi” declinati al maschile. Si invitano quanti leggeranno e utilizzeranno questo percorso a considerare tale terminologia una semplificazione stilistica». Non sia mai. Basterebbe questa comica premessa per infilare senza indugi la sedicente guida nell’apposita buca della spazzatura. Ma il fatto è che il trash ora si trova sulle cattedre di insegnanti e dei docenti, per Amnesty un’arma più micidiale dei gas e delle bombe chimiche usate da Assad e dagli islamisti in Siria.

Il “gender style” per docenti è facilmente riassumibile in pochi principi: 1) non esiste una differenza sessuale prestabilita dalla natura, ma maschio e femmina si diventa; 2) dunque, gli insegnanti devono convincere gli studenti che possono seguire e assecondare l’orientamento sessuale che preferiscono, meglio se osservano le indicazioni suggerite dall’apposito sito scuole-lgbti.amnesty.it. Dove è possibile trovare «news, recensioni e materiali utili sui temi Lgbt» insieme a filmati che raccontano l’amore lesbico a scuola e ricordano che «l’amore non sboccia fra sessi, ma fra persone»; 3) i diritti gay, lesbo e trans sono una variabile della più generale categoria dei diritti umani. In questo non facile lavoro di introduzione all’educazione gender, gli insegnanti potrebbero trovare improvvisi ostacoli e trappole insidiose, perché, ammonisce Amnesty, anche davanti al più sincero del coming out più scattano pregiudizi da «persone molto vicine agli studenti: le loro famiglie, fidanzati/fidanzate, il gruppo di amici», tesi a intimidire e discriminare l’adolescente. Occhio, dunque, cari maestri, che il nemico vi ascolta.

Come? Con frasi fatte e risposte in automatico da tirar fuori quando il ragazzino va dall’insegnante e comincia a “confessare”. Amnesty serve la pappa pronta: una sorta di galateo omosex con le frasi consigliate e quelle da assolutamente da evitare. Fra le prime, espressioni del tipo: sei gay? «Non l’avrei detto, non si vede proprio», perché occorre cercare «di non rafforzare stereotipi secondo i quali ci sono dei modi di essere e di comportarsi in base al proprio orientamento sessuale e affettivo». Oppure: «Non ti preoccupare, forse è solo una fase, non è detto che tu sia gay, lesbica e bisessuale». Acthung, «questo tipo di risposta rischia di comunicare che l’unica soluzione alle proprie preoccupazioni sia non essere omosessuale o bisessuale, aumentando le paure dello studente piuttosto che lenirle».  Consigliatissima, invece, l’espressione «Non è un problema che tu sia gay, lesbica o bisessuale» (versione gender dell’abusato tutto va ben madama la marchesa) e anche la più allegra: «Ok, posso capire quanto sia stato difficile per te dirmelo, ora non ci resta che trovarti un fidanzato o una fidanzata». In caso di panico e improvvisi ripensamenti, gli insegnanti possono sempre contattare «un’associazione Lgbt locale» per organizzare incontri con testimonianze «in cui giovani omosessuali raccontino la propria esperienza di coming out».

Allo scopo, la guida offre una valanga di materiale “didattico”: grafici, schede, glossario, note storiche sul Gay Pride, riferimenti bibliografi e perfino qualche titolo di film imperdibili per una cineteca scolastica che si rispetti. Tipo The Perfect Family: racconta i segreti inconfessabili di una donna cattolica, devotissima al vescovo, ma falsa come Giuda. Fino a quando tutta la verità viene a galla, e cioè: «il figlio Frank, viene scoperto a tradire la moglie e la figlia Shannon decide, dopo anni di silenzio, di fare coming out e rivelare di essere lesbica, incinta e in procinto di sposarsi». Insomma, una tipa che non si fa mancare niente, Consigliato alle ragazzine lesbiche è, invece, Fucking Amal, che racconta «in maniera realistica e delicata l’amore e le difficoltà di due adolescenti in un piccolo centro di provincia». Beh, realistica di sicuro, ma delicata, con quel titolo, c’è poco da scommetterci.

A questo punto, non stupirà affatto apprendere che Amnesty International si schiera senza riserve a favore del disegno di legge Scalfarotto contro l’omofobia e per il riconoscimento dei matrimoni gay. Perché, si legge nella guida, l’emergenza transomofobica è «oggettivamente aggravata dall’assenza di un’adeguata legislazione in materia di discriminazione omofobica» e dall’assenza in Italia di una legislazione sul matrimonio civile. Occorre invece, il va sans dire, battersi per una legge che introduca anche in Italia «il matrimonio per le coppie omosessuali, garantendo pari diritti ai figli delle persone omosessuali». Insomma, questo circola nelle nostre scuole e i genitori farebbero bene a controllare ogni giorno quel che studiano e scrivono i loro figli sui diari, compiti  a casa compresi. Perché con questa aria che tira, probabile che tra le materie della nuova educazione gender entrino anche l’orecchino di Nichi Vendola, il cagnolino della Pascale e le avventure di Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria.

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