Mali nel caos: 200mila in fuga

Quello che era iniziato due settimane fa come un golpe in fin dei conti incruento, rischia sempre più di portare non solo un Paese ma un’intera regione nel caos. Perché se è vero che finora gli scontri sono rimasti all’interno dei confini maliani, molti analisti sono convinti che le tensioni siano destinate a ripercuotersi anche sugli Stati vicini. Non è un caso, insomma, se la stessa Ecowas, la Comunità economica dell’Africa Occidentale, si è mossa nei giorni scorsi con sanzioni e ipotesi di intervento militari.

Il problema principale, al momento, non riguarda tanto la situazione della capitale Bamako, dove una giunta militare ha spodestato il presidente Touré promettendo di spianare la strada alla transizione che porterà alle elezioni presidenziali. Gli incubi della comunità internazionale riguardano invece soprattutto il nord, dove l’offensiva del Movimento di liberazione dell’Azawad (Mlna) ha favorito l’incunearsi di movimenti di matrice islamista, da Ansar Din – guidato da Iyad Ag Ghaly, un tuareg che ha abbracciato la dottrina jihadista – ad al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), gruppo noto anche per essere artefice di sequestri di occidentali (forse anche delle italiane Rossella Urru e Maria Sandra Mariani).

La confusione è particolarmente evidente a Timbuctu, la perla del deserto che era stata conquistata dagli indipendentisti tuareg domenica e che lunedì sera è caduta nelle mani di Ansar Din: i qaedisti hanno strappato le bandiere tuareg sostituendole con le loro, recanti parole di lode per Allah. Ieri l’ennesimo cambiamento: Ansar Din continua a occupare il centro della città, ma i miliziani di Aqmi sono riusciti a occupare una base militare dell’esercito maliano presente in città. In città sarebbero giunti anche tre leader di Aqmi, gli algerini Abou Zéid, Mokhtar Belmokhtar e Yahya Abou Al-Hammam.

Ansar Din, intanto, sta muovendo suoi miliziani verso il confine con la Mauritania. La zona di Nambala, in particolare, dista solo 15 chilometri dalla città mauritana di Fassala. Per questo l’esercito di Nouakchott è entrato in stato d’allerta lungo il confine. Un altro gruppo di miliziani islamici è invece diretto a Niafunkè, a 150 chilometri da Fassala, dove si trova una base militare usata dall’esercito maliano prima dell’arrivo dei ribelli tuareg a Timbuctu. I tuareg, dopo aver preso Kidal e Gao, sono invece stati avvistati vicino a Mopti, nel centro del Mali, e lì si apprestano a lanciare un’offensiva. I golpisti al potere a Bamako, insomma, non sembrano capaci di contenere l’offensiva di qaedisti e tuareg.

I combattimenti costringono i civili a fuggire dall’Azawad, la regione del Nord che i tuareg, da sempre in conflitto con Bamako, considerano la propria patria. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur) circa 200mila persone sono state costrette a scappare, soprattutto verso Burkina Faso e Mauritania. Lo stesso Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha sospeso le sue attività a causa dei saccheggi a Kidal, Gao e Timbuctu. Il cibo comincia a scarseggiare e viene venduto a caro prezzo, mentre in molte banche è ormai impossibile ritirare contanti. Situazione destinata ad aggravarsi dopo che l’Ecowas ha deciso un embargo totale verso il Mali.

Da Gao, infine, è giunta notizia di un episodio drammatico avvenuto sabato scorso. «Siamo riusciti a fuggire dopo aver appreso che alcuni gruppi ribelli islamici stavano dando la caccia ai sacerdoti e ai religiosi per ucciderli», è la testimonianza affidata all’<+corsivo>Agenzia Fides<+tondo> da padre Jean-Jacques, direttore di Caritas Gao. «Ci è stato comunicato che la missione e la chiesa sono state distrutte. Abbiamo anche ricevuto delle chiamate dai cristiani rimasti a Gao in cui ci dicevano che si nascondono e hanno paura per la loro vita. Sono circa 200 i cristiani restati in città», ha concluso il sacerdote.

Paolo M. Alfieri

Fonte: www.avvenire.it.

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