Marcia per la Vita «C’ero anch’io»

«Cammina l’uomo quando sa bene dove andare».
(Claudio Chieffo, Il popolo canta la sua liberazione)
Papa Francesco: «Saluto i partecipanti alla “Marcia per la vita” che ha avuto luogo questa mattina a Roma e invito a mantenere viva l’attenzione di tutti sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento»

Si può marciare per la vita anche senza essere a Roma, anche stando fermi? Si può.
Non sono a Roma, oggi. Sono a Gemona del Friuli. Ferma. Seduta accanto al letto di mio padre, ricoverato in ospedale.
Sapendo che sarei stata lontana dal corteo, lontana anche dalla radio e dalla tivù (che tanto – mi sono detta – a questa marcia politicamente scorrettissima, se va bene dedicheranno una manciata di secondi turandosi il naso, per puro dovere di cronaca…) ieri ho scritto qualcosa sulla vita e sulla morte. E sulla menzogna di parole coniate e usate per negare la realtà.
Stamattina, però, io “c’ero”, alla marcia per la vita. Anche se non mi si è vista. Anche se non rientro tra i 30 mila che, a spanne, vi hanno partecipato.
Ho fatto la mia marcia dov’ero, dov’era giusto che fossi. Accanto a mio padre, operato da poco. In questi giorni ci siamo alternati noi figli ed oggi mi sono offerta io. E’ il mio “grazie alla vita”, perché senza di lui, senza il suo «sì» e quello di mia madre (anzi: auguri, mamma! Stamattina sono partita presto, ma – promesso – te li faccio a voce quando torno) io non sarei qui.
Non avrei potuto dare a mia volta la vita ai miei figli; non educherei al rispetto e alla tutela della vita – ogni vita – gli studenti che ogni anno mi sono affidati. Non scriverei, senza stancarmi, di questo. E, grata, della bellezza che vi scorgo ogni giorno. Manifesta o nascosta.
Anche tra le pieghe di questo lenzuolo bianco d’ospedale, che ho rimboccato proprio ora su papà che riposa. Anche nelle mani sapienti del medico che ha appena cambiato la medicazione. Delle infermiere che accudiscono i pazienti. Nel verde degli alberi, e in questo riverbero di sole tra le nuvole veloci. La loro danza si scorge dalla finestra e incanta gli occhi, ed è anche questo a rendere la degenza più lieve. Nel rasoio Philips che papà ha voluto perché la barba va fatta ogni giorno. Anche se ha la testa rattoppata, e queste garze candide sembrano una papalina.
La mia marcia per la vita, oggi sono stati i tweet rilanciati (bello, però: scrivono gli altri, cercano gli altri le parole di oggi di Papa Benedetto; gli articoli, i commenti, le immagini del corteo… Io leggo e rilancio ai miei follower!)… e sono stati i tweet che ho scritto in risposta ai #nomarciaperlavita, #save194, #prochoice. Si può fare da seduti. Si può fare da Gemona.
Loro provocano e si ribatte. Accusano e si ribatte. Omettono, e si ribatte. Mica per vezzo: ciascuno è libero di pensare come vuole e di fare qual che crede; risponderà alla sua coscienza. Ma non prendiamoci in giro. Incanta solo gli allocchi lo slogan «il corpo, il mio diritto»: se in quel corpo di donna c’è una vita che cresce, è un altro corpo dentro quel corpo: un’altra vita. L’ho scritto, oggi, una, due, tre volte con parole diverse. Perché un bimbo non sono feci da espellere; è un cuore che batte e se abortisci non batterà più.
Qui seduta mentre vigilo papà che dorme, e mi pare un bambino, prego, scrivo, twitto, ed è il mio grazie alla vita. Anche per gli 85 anni fragili di papà, ora in ospedale.
La vita è anche questo: dolore, a volte, e fatica. E corpi che invecchiano, passi più incerti, bisogno di aiuto.
Ma anche le cose belle che ci siamo raccontati in questa domenica tutta nostra. Non le svelerò. So che orienteranno, domani, la mia marcia nella vita, per la vita.

Fonte: Marcia per la Vita «C’ero anch’io».

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