Mario Mauro: «Ho invitato il marito di Asia Bibi» | Tempi.it

aprile 14, 2015 Leone Grotti

Il senatore ha organizzato una conferenza stampa a Montecitorio con Ashiq Masih e una delle sue figlie: «L’Italia non può restare in silenzio. Difendendo i cristiani si difendono libertà e democrazia»

«Papa Francesco continua a parlare della “colpevole indifferenza” nei confronti della persecuzione dei cristiani. Il nostro primo obiettivo, nel contesto parlamentare, è scuotere le coscienze». Così il senatore Mario Mauro, presidente dei Popolari per l’Italia, spiega a tempi.it perché ha organizzato, insieme ad altri, nella sala stampa di Montecitorio una conferenza oggi con il marito di Asia Bibi, Ashiq Masih, la figlia, Eisham Ashiq, e uno dei suoi avvocati, Joseph Nadeem. La donna cattolica pakistana si trova in carcere da oltre 2.000 giorni. Condannata a morte in primo grado e in appello con false accuse di blasfemia per aver bevuto un bicchiere d’acqua, sta attendendo il giudizio della Corte Suprema. Se il verdetto non verrà ribaltato, solo la grazia presidenziale potrà salvarla dall’impiccagione.

Onorevole, perché è importante una conferenza stampa nella sede del Parlamento?
In occasione della visita che i familiari della donna renderanno a papa Francesco il 15 aprile, noi abbiamo deciso di fare da cassa di risonanza per far conoscere ancora di più il caso di Asia Bibi. Un’azione in sede parlamentare può spingere il governo ad assumere posizioni più sostanziali per evitare il silenzio complice di cui ha parlato il Papa e che domenica si è verificato, visto l’assordante silenzio del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sul genocidio armeno.

Che cosa può fare il governo italiano per Asia Bibi?
L’Italia non può essere sospettata di ostilità verso il Pakistan, siamo assolutamente disinteressati e quindi siamo il paese giusto per sollevare determinati problemi. È possibile che in Pakistan ci sia ancora un reato come quello di blasfemia, che spesso viene preso a pretesto per impossessarsi delle poche cose che hanno i cristiani?

Perché l’Italia dovrebbe interessarsi di una donna pakistana?
Difendere una cristiana in quanto cristiana sarebbe il nostro modo di ricordare a tutti che i valori della democrazia e della libertà sono a fondamento della convivenza civile. Ma c’è di più.

Che cosa?
Io penso che raccontando le storie di chi soffre, come Asia Bibi, e ricordando la drammatica condizione dei cristiani, perseguitati in tutto il mondo, si tocchino e si concretizzino i grandi temi della storia. In questo caso, si capisce meglio che l’utilizzo della religione per scopi di potere porta alla cancellazione della civiltà umana e all’impossibilità della convivenza tra genti di fede diverse.

Lei perché ha a cuore questo caso?
Fin dai tempi della mia presenza nel Parlamento europeo me ne sono occupato, ottenendo risoluzioni a sostegno di Asia Bibi e contro la persecuzione dei cristiani. In Pakistan, essere cristiani significa quasi firmare la propria condanna a morte. Io ho avuto l’onore di conoscere Shahbaz Bhatti, l’ex ministro per le Minoranze cattolico assassinato proprio perché difese Asia Bibi. Lui intendeva la sua presenza in politica come servizio all’intero popolo pakistano, ben altra cosa da chi cerca di confinare la realtà dei cristiani in un ambito settario. La presenza dei cristiani al contrario fa bene a tutta la società, perché sono il seme che permette la crescita di libertà e democrazia.

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