Mattatoio Sinai: profughi, armi e denaro Il banchetto dei terroristi  | Mondo | www.avvenire.it

​L’ombra del terrorismo islamico sui lager nel Sinai, dietro il florido mercato di schiavi e di armi. Una voce sussurrata dal khamsin, il vento del deserto che soffia dal Mar Rosso, ora prende corpo, mette in fila fatti e testimonianze e rivela un gioco geopolitico che spiegherebbe tre anni di silenzi e omissioni della comunità internazionale davanti al massacro di migliaia di innocenti profughi eritrei, sepolti nei campi della morte della penisola, a volte privi di organi venduti al mercato nero del Cairo. Attualmente sono quasi mille gli africani prigionieri di diversi gruppi nella penisola egiziana, mentre dal 2009 ad oggi circa 15 mila sarebbero stati rapiti e tremila uccisi da torture e stenti. Le fosse comuni più recenti con decine di cadaveri sono state scoperte ad Hamdia, vicino al confine sigillato di Israele.

Grazie alla tenacia di molte associazioni umanitarie e alla testimonianza delle vittime, dopo due anni di inchiesta condotta da questo giornale su uno dei più brutali traffici di esseri umani (fiorito quando Italia e Libia chiusero il Mediterraneo con l’accordo sui respingimenti) possiamo aggiungere un anello a una catena infernale. Che inizia in Eritrea – stato-caserma dalla quale fugge chi compie 17 anni – prosegue in Sudan, passa dal Sahara e si chiude nel Sinai. Nella quale, con la complicità di alcuni regimi, agiscono poliziotti corrotti, gang internazionali affratellate da secolari parentele di clan (delle quali sono stati resi noti da coraggiosi attivisti i nomi e perfino i numeri di cellulare di capi, membri e complici) e cellule qaediste. Una rete in grado di incassare i riscatti via money transfer al Cairo, a Dubai, a Khartoum, a Juba e perfino a Tripoli.

La filiera dell’orrore comincia nel campo profughi sudanese dell’Acnur di Shegarab, vicino a Kassala, che ospita 86mila profughi perlopiù eritrei. Le denunce della diaspora eritrea, di ong israeliane ed egiziane e le testimonianze dei sopravvissuti confermano che qui i rashaida, nomadi del Sahara e mercanti di schiavi, continuano indisturbati a sequestrare donne, bambini e giovani uomini e a rivenderli ai predoni beduini portandoli sulle piste oltre il canale di Suez.

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