Minaccia jihadista: la Francia si mobilita, l’Italia no | La Nuova Bussola Quotidiana

di Gianandrea Gaiani 25-01-2015

Lo choc delle stragi jihadiste di Parigi e la conferma che potrebbero essere più di un migliaio di “veterani del jihad” e i loro fiancheggiatori pronti a colpire ha indotto la Francia a correre ai ripari e tornare a investire risorse nella sicurezza interna e nella Difesa

Il governo guidato da Manuel Valls, già ministro degli Interni “di ferro” ha varato un piano antiterrorismo da 425 milioni di euro con un aumento definito “eccezionale” di mezzi e uomini per far fronte “al cambio di marcia” della minaccia jihadista quantificata da numeri impressionanti.  Valls ha dichiarato che vengono tenuti sotto stretta sorveglianza 3mila individui sospettati di terrorismo, dei quali circa 1.300 sono legati a reti jihadiste in Siria e Iraq, cioè allo tato Islamico e al fronte qaedista al-Nusra.

Un numero cresciuto del 130% in un anno secondo i dati forniti dal governo francese che non spiega però perché questa minaccia, nota da tempo ai servizi di sicurezza nelle sue accresciute dimensioni, non abbia imposto un aumento delle risorse assegnate alla sicurezza prima dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo.

Nei prossimi tre anni verranno assunti 2.680 nuovi funzionari da assegnare a Polizia Nazionale, Gendarmeria e intelligence. “La prima urgenza”, ha detto Valls, è di rafforzare gli strumenti “umani e tecnici” dei servizi segreti, che avranno 1.400 nuovi agenti dei quali 1.100 assegnati al servizio di antiterrorismo interno.

Valls ha aggiunto che sarà creato un data base particolare per le persone condannate per terrorismo e che verrà allestito un sito internet per spiegare al grande pubblico come far fronte all’indottrinamento jihadista che secondo fonti ben informate è diffuso in modo capillare in tutto il Paese.

Controlli più stretti anche nelle carceri, uno dei luoghi privilegiati per il proselitismo jihadista, dove verranno impiegati 60 nuovi cappellani musulmani che si andranno ad aggiungere ai 182 già esistenti. Lo sforzo finanziario a favore della sicurezza non inciderà sul bilancio dello Stato e sui parametri del rapporto deficit/PIL imposti dalla Ue poiché il denaro verrà reperito attraverso risparmi nella spesa pubblica.

L’emergenza terrorismo si riverbera anche sui tagli all’apparato militare previsti dal piano quinquennale noto come Loi de Programmation Militaire (Lpm) che avrebbe dovuto ridurre di quasi 24 mila unità i ranghi delle forze armate entro il 2019. Un taglio che avrebbe colpito anche i reparti operativi benché i due terzi degli organici da decurtare fossero stati individuati presso comandi, unità di supporto e servizi amministrativi.

La Lpm ha tagliato 7.881 posti nel 2014 ma altri 7.500 previsti per quest’anno sono stati bloccati secondo quanto dichiarato nei giorni scorsi dal presidente François Hollande in un discorso tenuto a bordo della portaerei a propulsione nucleare Charles De Gaulle in navigazione verso il Golfo Persico, dove parteciperà con i suoi aerei imbarcati alle operazioni contro lo Stato Islamico.

Il bilancio della Difesa francese quest’anno è di 31,4 miliardi di euro (più del doppio di quello italiano) e lo stop ai tagli previsti dalla Lpm viene considerato necessario anche alla luce delle esigenze di sicurezza interna del “Piano Vigipirate”, concepito proprio per assicurare l’impiego dei militari nei pattugliamenti anti-terrorismo nelle città francesi, che vede attualmente impiegati 10 mila uomini solo nell’area parigina.

Del resto la minaccia terroristica tocca da vicino anche le forze armate francesi dopo che il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, ha ammesso che tra i jihadisti francesi vi sono almeno una decina di ex militari inclusi veterani delle forze speciali e della Legione Straniera.

Uomini esperti in tattiche di combattimento che si sarebbero uniti ai gruppi jihadisti che combattono in Siria e in Iraq, sono in grado di compiere azioni di tipo militare o sabotaggi e possono addestrare molte “reclute” del jihad.

Secondo la stampa francese la maggior parte di loro si sarebbe arruolata nello Stato Islamico e il quotidiano L’Opinion riporta il caso di un maghrebino ex “marines paracadutista” (i parà della Fanteria di Marina),  cioè uno dei corpi speciali delle forze armate francesi. Dopo cinque anni di servizio sarebbe stato assunto da un istituto di sicurezza privata impegnato nella protezione dei siti petroliferi in Arabia Saudita. Qui avrebbe aderito progressivamente alle posizioni dell’islam più radicale e dopo essere stato licenziato si sarebbe recato a combattere in Siria.

Lo sforzo di Parigi per rafforzare le misure di sicurezza con più uomini e mezzi di polizia e forze armate si inserisce in un contesto europeo di maggiore attenzione ai temi della sicurezza ma stride con l’incapacità del governo italiano di dare segnali dello stesso tipo.

Dopo tante chiacchiere e il duplice rinvio di un decreto che dovrebbe contenere un pacchetto di misure contro il terrorismo, il governo italiano sembra continuare sulla strada dei tagli lineari che prevedono quest’anno la chiusura di ben 251 stazioni dei carabinieri e commissariati di polizia in tutta Italia. Nei giorni scorsi il Sindacato Autonomo di Polizia (Sap) ha denunciato senza essere smentito le drammatiche condizioni della Polizia di Stato: auto vecchie e in pessime condizioni di manutenzione, armi ormai più che trentennali, carenza cronica di addestramento, anche quello al tiro per mancanza di munizioni, mentre i giubbotti anti-proiettili sarebbero disponibili solo in misura di uno ogni dieci agenti.

Record negativo anche per i bilanci  militari, mai così bassi come quest’anno, nell’ultimo decennio. I carabinieri vedono il 96% del loro budget assegnato al pagamento degli stipendi mentre con il rimanente 4% (poco più di 200 milioni) devono coprire i costi di mantenimento e utenze di caserme e stazioni, l’acquisto di carburante e munizioni, la manutenzione di impianti e veicoli e l’addestramento.

In pratica anche l’Arma è al collasso mentre le forze armate avranno quest’anno 13,7 miliardi di cui il 72% verrà assorbito dalle retribuzioni mentre restano meno di 1,2 miliardi per coprire le voci sopra citate, pari all’8,2% delle risorse destinate alle forze armate contro il 25% ritenuto comunemente necessario per le spese di Esercizio.

Il risultato è che le caserme cadono a pezzi, i militari non sparano quasi più, molti mezzi sono fermi per mancanza di ricambi e manutenzioni, il carburante scarseggia e la gran parte dei reparti non si addestra a sufficienza.

Una situazione che si riflette anche nell’impiego dei militari per la sicurezza interna dove i 4.200 uomini impiegati nelle maggiori città italiane per coadiuvare polizia e carabinieri sono stati ridotti a 3 mila. Va però detto che l’operazione “Strade Sicure” non è rivolta al contrasto del terrorismo come la francese “Vigipirate” ma solo alla prevenzione delle azioni criminali generiche. Non a caso mentre i militari francesi pattugliano le strade col fucile d’ordinanza (per intenderci, in grado di fronteggiare alla pari terroristi armati di kalashnikov come i fratelli Kouachi) i soldati italiani hanno a disposizione solo pistole.

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