Missionari cristiani nemici pubblici di Pyongyang | Tempi.it

aprile 6, 2018Leone Grotti

La storia di Han Chung-ryeol e degli altri pastori e laici uccisi o perseguitati per la loro opera di evangelizzazione al confine tra Cina e Nordcorea

«In cima alla lista nera» delle persone più ricercate dalla Corea del Nord non c’era un efferato criminale o un pericoloso separatista, ma un missionario. Il suo nome è Han Chung-ryeol, cinese di origine coreana, ucciso a colpi di ascia nell’aprile del 2016. Si è guadagnato la fama di nemico pubblico a Pyongyang nutrendo e proteggendo fin dagli anni Novanta migliaia di nordcoreani che, scappando dal regime guadando il fiume Yalu, finivano nella cittadina cinese di Changbai al confine tra i due paesi. Han operava nella chiesa ufficiale della città e ha convertito centinaia di disertori.

UNA CASA COME CHIESA. Pechino non ha mai fermato il suo lavoro di evangelizzazione, perché aiutando i nordcoreani preveniva piaghe sociali come crimine, disoccupazione e vagabondaggio. Come raccontano i testimoni intervistati dall’Associated Press, raramente Han favoriva la fuga dei nordcoreani nel Sud della penisola, attività vietata esplicitamente da Pechino. «Era tra gli uomini più ricercati dal ministero della Sicurezza di Stato del Nord», dice anonimamente una donna ora scappata in Corea del Sud. Dopo essere stata convertita da Han in Cina, la donna espresse il desiderio nel 2011 di tornare in Corea del Nord per «diffondere l’amore di Dio». Han le disse di imparare a memoria quanti più passi della Bibbia era in grado e le diede 800 dollari per comprare una casa: «Mi disse che quella casa sarebbe diventata una chiesa, un luogo di Dio».

OMICIDI ED ESPULSIONI. Han non era l’unico cristiano ad aiutare i nordcoreani a fuggire da un regime sanguinario. Decine di missionari svolgono lo stesso ministero nelle città al confine tra Cina e Corea del Nord, dove spesso si recano anche legalmente molti coreani di origine cinese le cui famiglie vivono ancora nel Regno di mezzo. Il compito è molto rischioso, visto che vengono ricercati e braccati sia dalle autorità cinesi che dalle spie nordcoreane, sparse dovunque nelle città di confine. Negli ultimi anni, dieci missionari sono morti misteriosamente, a centinaia sono invece stati espulsi dalla Cina.

NELL’INDIFFERENZA DEL MONDO. Non sono solo i protestanti a rischiare la vita per salvare ed evangelizzare i disertori, come ha testimoniato il missionario cattolico padre Philippe Blot, che l’anno scorso ha deciso di parlare a Tempi di questo rischiosissimo lavoro perché «troppi nordcoreani sono morti nell’indifferenza del mondo, troppi sono spariti nel traffico di esseri umani, troppi vivono nel terrore, braccati come animali. Bisogna rompere il muro dell’omertà e del silenzio, tutti devono sapere cosa accade a queste persone».

BASTA UNA BIBBIA. I nordcoreani che una volta scoperto il cristianesimo in Cina decidono di ritornare in patria per evangelizzare i loro connazionali sanno cosa li aspetta se venissero scoperti. Basta possedere una Bibbia o essere trovati a pregare in Corea del Nord per subire un’esecuzione pubblica o essere condannati nei terribili gulag del regime, dove sono tuttora rinchiuse circa 200 mila persone.

«CONOSCE QUEL “BASTARDO”?». Questa sorte è toccata ad esempio a Zhang Wenshi, uno dei diaconi del pastore Han, arrestato dalle autorità nordcoreane e condannato a 15 anni di lavori forzati. In una lettera inviata da Pyongyang alle autorità cinesi, il regime comunista ha scritto che Zhang è stato accusato di «tentata evangelizzazione di nordcoreani» e «sovversione statale». Il pastore John Kim, disertore convertito da Han, oggi ministro protestante a Seul, racconta quanto il regime tema il cristianesimo. Nel 2003, dopo essere tornato per un breve periodo in patria per diffondere il Vangelo, venne raggiunto da alcuni soldati: «Mi chiesero se conoscevo un “bastardo” di nome Han Chung-ryeol. Gli chiesi chi era e loro mi dissero solo che dovevano arrestarlo».

«IL NOSTRO ORGOGLIO». Nel 2016 Han è stato ucciso a colpi di ascia, probabilmente da agenti segreti nordcoreani, ma la sua memoria è ancora viva a Changbai. Uno striscione rosso sulla facciata della chiesa ufficiale della città recita: «Martire e pastore, Han Chung-ryeol è il nostro orgoglio».

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