Nigeria: non ci sono parole per comprendere…

mercoledì 10 aprile 2013

«Han sradicato un albero. / Ancora stamani / il vento, il sole, gli uccelli / l’accarezzavano benignamente. Era / felice e giovane, candido e eretto, / con una chiara vocazione di cielo / e un alto futuro di stelle. / Stasera giace come un bimbo / esiliato dalla sua culla, spezzate / le tenere gambe, affondato / il capo, sparso per terra e triste, / disfatto in foglie / e in pianto ancora verde, in pianto. / Questa notte uscirò – quando nessuno / potrà vedere, quando sarò solo – / a chiudergli gli occhi ed a cantargli / quella canzone che stamani il vento / passando sussurrava»

(Rafael Alberti, Han sradicato un albero)

E’ una mattanza, in Nigeria, l’azione terroristica dei gruppi integralisti di Boko Haram. I cristiani se ne devono andare da quella terra martoriata, oppure convertirsi. Questo vogliono. Altrimenti per loro non c’è scampo, né futuro per le loro chiese.
«Quello che ho visto mi ha fatto piangere fino dentro l’anima», dice padre Kevin, parroco di Mubi, nel Nord Est della Nigeria. E nel video reportage, realizzato per il Corriere da Riccardo Bicicchi, racconta con le lacrime agli occhi cosa è accaduto in chiesa quando uomini armati hanno sparato ad un quindicenne e poi gli hanno tagliato la gola. Con la voce rotta mostra la foto di una donna a terra. E’ il cadavere della madre: le hanno sparato perché piangeva, in ginocchio, sul corpo del figlio adolescente.
Non sono numeri, i morti ammazzati in Nigeria: uno, due, cinque alla volta. O trenta, come quella notte. Casa dopo casa, sono entrati, armati, e han chiesto come ti chiami. Erano studenti con il nome inglese. Sgozzati.
Man mano che nel video si avvicendano le testimonianze, l’espressione astratta «persecuzione dei cristiani» si fa volto, nomi, storie…
Potrebbe essere, domani, una di quelle giovani donne dagli abiti colorati: magari quella vestita di giallo e di viola. O quel bambino che saltella in mezzo alla strada polverosa. Quell’uomo che spinge il vecchio carretto, o l’altro, con le taniche dell’acqua…
Hanno un nome, i nigeriani sgozzati di notte: Luka, Lawan, Bitrus, Kevin… Oggi, nel video, vedi uomini e donne, bambini. Stanotte – Dio non voglia – potrebbero essere uccisi a fucilate, «sgozzati come pecore».
«Vogliamo riconciliazione, giustizia e pace», dice il Vescovo di Maiduguri, Oliver Dashe Doeme. «Questo è quello che predichiamo; è questo che la nostra gente sente anche verso chi sembra nostro nemico. Dobbiamo seguire l’insegnamento di Cristo: amare tutti, anche chi ci odia».
Questo fanno e questo testimoniano al mondo, i preti che hanno deciso di rimanere lì, ed anche i cristiani. Che hanno un nome, un volto, una storia. Han lì le radici, come gli alberi, nodosi, che incontri per strada. E nel volto ignaro dei bimbi, che sono uguali a tutti i bimbi del mondo, hanno scritto il sogno di un futuro in cui nessuno, più, debba temere la notte.
Le inquadrature si fermano sul paesaggio. La savana e i suoi alberi: i rami come braccia alzate ad implorare il Cielo. Villaggi dalle casupole basse con i tetti in lamiera. E in questo «viaggio nelle diocesi sotto la più pesante cappa di terrore di tutta l’Africa» le riprese sono anche per le chiese bruciate e sventrate, con i segni delle pallottole sulle porte e i tabernacoli violati, violentati. Nei muri scrostati, neri dal fumo, resta il segno della croce. Quella no, non possono eliminarla. Né i terroristi di lì, né tutti i Boko Haram del mondo. Perché questo ci insegnano i nostri fratelli nigeriani, nuovi Cirenei: la croce non è un simbolo. La croce di Cristo si porta addosso.

Fonte: Nigeria: non ci sono parole per comprendere….

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Africa e Medio Oriente e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.