Olocausto cattolico, crimine dimenticato

di Rino Cammilleri

Domani si celebra il Giorno della memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto. Una pagina nera della storia del Novecento in cui non mancano delle luminose figure di martiri cattolici.
Michele Kozal nacque nel 1893 in diocesi di Poznan, in Polonia, da una famiglia povera. Con molti sacrifici riuscì a iscriversi alle superiori nel 1905. Qui divenne presidente di un’associazione clandestina cattolica che si opponeva ai tentativi di germanizzazione delle scuole (l’influenza prussiana era molto forte in quella zona).

Nel 1914 entrò in seminario, ma poté essere ordinato sacerdote solo alla fine della Grande Guerra. Viceparroco in un paio di parrocchie e poi rettore del seminario di Gniezno, nel 1939 il papa Pio XII lo nominò vescovo ausiliare di Wloklawek e titolare di Lappa. Nello stesso anno i tedeschi invadevano la Polonia e dopo due settimane erano a Wloklawek; il vescovo titolare partiva ma il Kozal restava al suo posto.

Cominciò la proibizione della stampa cattolica, il sequestro degli edifici ecclesiastici e la chiusura delle chiese. La Gestapo convocò il Kozal e gli ordinò di predicare in tedesco, ma lui rifiutò. Dopo un mese venne arrestato, messo in cella d’isolamento e lasciato alle angherie (ma anche alle sevizie) dei secondini.
Nel gennaio del 1940 lui e gli altri sacerdoti arrestati vennero trasferiti a Lad, dove dovevano stare agli arresti domiciliari in un istituto salesiano.

La Santa Sede, sperando di giovargli, gli fece giungere la nomina ad amministratore di Lublino, ma dopo pochi mesi la Gestapo lo internò nel lager di Inowroclaw. Qui il santo vescovo fu sottoposto a torture.
Nel 1941 l’ultimo trasferimento, a Dachau, dove la mano sui sacerdoti cattolici era particolarmente pesante. Qui il Kozal nel 1943 si ammalò di tifo e, insieme al cugino Ceslao Kozal, sacerdote religioso, fu portato nella baracca dei malati. Fu terminato con un’iniezione letale.

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