PAKISTAN Accusato di blasfemia, un uomo è stato ucciso all’interno di una stazione di polizia – Asia News

di Jibran Khan
L’assassino è un ragazzo di 15 anni. All’origine dalla vicenda, la lite nata dalla protesta dell’ucciso contro un negoziante che aveva esposto un cartello con commenti sprezzanti sugli Ahmadi e che, dopo la discussione, l’aveva accusato.

Lahore (AsiaNews) – Accusato di blasfemia, Khalil Ahmad, un uomo di 65 anni, è stato ucciso a colpi di pistola all’interno di una stazione di polizia da un ragazzo di circa 15 anni. E’ accaduto ieri a Sharaqpur, villaggio del Punjab, vicino Lahore.

All’origine dalla vicenda, la protesta di Ahmad e di altre tre persone contro un negoziante che aveva esposto un cartello con commenti sprezzanti sugli Ahmadi, un movimento islamico minoritario accusato di essere eretico. Il negoziante si era rifiutato di farlo e dopo una accesa lite, aveva presentato l’accusa di blasfemia contro Khalil Ahmed.

Arrestato il 13 maggio, Ahmad, che ha quattro figli, era in cella nella stazione di polizia di Sharaqpur. Ieri sera, un ragazzo si è presentato alla polizia, si è informato su Ahmad e ha chiesto di vederlo. Quando l’uomo si è avvicinato, gli ha sparato. La polizia lo ha arrestato.

L’episodio è l’ennesimo legato alla “legge nera”. Introdotta nel 1986 dal dittatore Zia-ul-Haq per soddisfare le rivendicazioni della frangia islamista, essa punisce con il carcere a vita o la condanna a morte chi profana il Corano o dissacra il nome del profeta Maometto. Sotto il suo vigore, le minoranze religiose vivono in costante intimidazione. Tra esse, appartenenti agli Ahmadi, dichiarati “non musulmani” nel 1984, sono stati arrestati per aver letto versetti del Corano o averli incisi sugli anelli. Nel 2010, 86 di loro furono uccisi a Lahore in due attacchi simultanei.

La “legge nera”, nella realtà, si è divenuta nel tempo uno strumento per regolare questioni personali o economiche e anche per appropriarsi di beni e anche persone appartenenti alle minoranze religiose. Così, le accuse, che nel 2001 erano soltanto una, nel 2011 sono divenute 80. E in molti casi, come quello di Khalil Ahmad, di concludono con omicidi. Era accaduto anche la settimana scorsa, quando l’avvocato Rashid Rehman Khan impegnato a favore dei diritti umani e impegnato nella difesa di un professore universitario accusato di blasfemia è stato ucciso dopo essere stato minacciato, in tribunale, da altri legali.

E all’inizio di questa settimana, 68 avvocati sono stati accusati di blasfemia nel distretto di Jhang, nel Punjab. I legali, in maggioranza sciiti, erano scesi in piazza per protestare contro le forze dell’ordine, che avrebbero arrestato senza motivo un collega; durante la manifestazione, gli avvocati sono accusati di aver insultato il nome di un parente stretto di Maometto. In realtà, la vicenda mostra l’aspra controversia che vede opposte forze dell’ordine e avvocati nella regione.

Life For All Pakistan e Masih Foundation, due organizzazioni per i diritti umani, hanno annunciato manifestazioni di protesta a Lahore, per esprimere solidarietà con la comunità Ahmadi.

Padre John Aslam, della diocesi di Lahore ha definito “tragico” quanto accaduto a Khalil Ahmad, !terzo caso di blasfemia in due settimane”. “L’uomo è stato falsamente accusato ed è caduto a causa della mentalità estremista. Un adolescente ha ucciso senza nemmeno chiedergli se aveva o no commesso il fatto. Blasfemia: una semplice discussione ha portato ad una reazione così estrema. L’uomo era in custodia della polizia, non lasciare che i giudici decidano il destino degli imputati e prendere la legge nelle proprie mani in nome della religione è follia”.

Anche lo studioso musulmano Abid Ali ha condannato l’accaduto, sostenendo che “questo caso dimostra che la polizia è impotente e non è riuscita a proteggere un imputato. Uccidere un innocente in nome della religione è inaccettabile. Le minoranze religiose hanno il diritto di praticare la loro fede”.

 

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